Tra competitività ed etica: intervista a Giacomo Pedranzini, CEO di Kometa ’99 Zrt

Alla luce della recente premiazione di Giacomo Pedranzini, come Business Hero all’Atlas Award 2023 e vincitore del riconoscimento di Expat Ceo of the Year del BBJ, abbiamo chiesto al CEO di Kometa ’99 Zrt di descriverci come il suo ruolo ha contribuito alla promozione di una visione etica, sostenibile e creativa nel settore agro-alimentare. E di presentarci il progetto Honest Food.

Questa intervista fa parte della nostra serie di interviste ai membri di Confindustria Ungheria, redatte da Economia.hu.

Vi invitiamo a leggere le precedenti interviste: al presidente di Confindustria Ungheria Roberto Massucco (Massucco Industrie SpA), ai vicepresidenti di Confindustria Ungheria: Giordano Riello (Giordano Riello International Group), e Alessandro Farina (ITL Group), e Omar Balducci (Lucart) e Carlo Ferrero (Sofidel).

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Che ruolo riveste Kometa nel panorama dell’industria agro-alimentare in Ungheria? 

In Ungheria, Kometa 99 Kft. rappresenta un attore chiave del settore agroalimentare, specialmente nella lavorazione delle carni suine. Da tre decenni, siamo attivi in questo mercato, avendo acquisito nel 1994 lo stabilimento di lavorazione delle carni a Kaposvár. Questa azienda faceva parte della strategia adottata dallo Stato ungherese durante i regimi comunisti, che mirava a istituire industrie di lavorazione delle carni nelle principali città ungheresi. 

Oggi, il nostro è l’unico stabilimento che ha mantenuto l’ubicazione e il modello produttivo originari, un dettaglio che ci riempie di orgoglio, considerando che almeno l’80% delle aziende presenti nel ’94 ha chiuso i battenti. Sebbene siamo rimasti in pochi, siamo gli unici a perseverare con il modello produttivo con “tutte le lavorazioni sotto lo stesso tetto”. Mi spiego meglio: la nostra peculiarità risiede nel processo di trasformazione delle carni suine, che va dalla macellazione alla produzione di salumi affettati in atmosfera modificata, tutto all’interno di un unico stabilimento. Questo approccio era tipico degli impianti di lavorazione delle carni ungheresi. In Italia, ad esempio, un impianto così integrato non esiste; lì il processo è diviso in almeno due o tre fasi distinte, spesso svolte in stabilimenti separati e talvolta distanti anche centinaia di chilometri. 

La nostra dedizione a questo modello produttivo ha comportato numerose sfide, soprattutto nell’apprendere come gestire un processo così complesso. Ora, però, abbiamo affinato le nostre competenze e raccogliamo i frutti del nostro impegno, ottenendo vantaggi competitivi, in particolare in termini di qualità e sicurezza alimentare, ma anche di efficienza. La carne viene trasformata senza interruzioni nella catena del freddo, garantendo le migliori condizioni igieniche, il che si riflette positivamente sulla qualità del prodotto finale.

Oltre a distinguersi per il proprio processo produttivo, un altro aspetto rilevante che Kometa ha sviluppato in questi trent’anni è l’innovazione del prodotto, con un focus particolare sul suo valore salutistico. Da circa un decennio, abbiamo adottato un cambiamento significativo nella nostra strategia produttiva. Abbiamo abbandonato l’approccio incentrato sui volumi di produzione a basso costo, alla ricerca di continue economie di scala, scegliendo invece di concentrarci  sulla qualità ad un prezzo accessibile. 

Per noi, qualità significa innanzitutto delizia gastronomica: il cibo deve essere una fonte di piacere per chi lo consuma. Ma qualità significa anche salubrità: il cibo deve contribuire al benessere della persona. E in questa visione, l’accessibilità diventa essenziale, poiché crediamo che il buon cibo, sano e corretto, dovrebbe idealmente essere alla portata di tutti. Consapevoli delle limitazioni del mondo reale, ci impegniamo comunque a raggiungere la maggioranza della popolazione con i nostri prodotti.

Alla luce della recente premiazione come Business Hero all’Atlas Award 2023, può descriverci come il suo ruolo di CEO di Kometa ha contribuito alla promozione di una visione etica, sostenibile e creativa nel settore agro-alimentare? Ci può parlare di Honest Food? 

Sono profondamente grato per questo riconoscimento, che preferisco interpretare come un tributo non tanto alla mia persona, quanto alla compagnia che ho l’onore di rappresentare. Consentitemi di dire, senza in alcun modo voler minimizzare l’importanza di questo premio, che coloro che ricoprono ruoli di leadership o posizioni di rilievo godono di un privilegio. È un compito più arduo essere persone rette ogni giorno della propria vita piuttosto che eroi per un solo giorno. A mio avviso, i veri eroi sono coloro che ogni mattina si recano in fabbrica; penso alle madri, ai genitori, che, oltre a prendersi cura dei propri figli, iniziano il loro turno alle 5:00 del mattino; pur apprezzando sinceramente questo riconoscimento, ritengo essenziale che chi occupa posizioni di leadership mantenga ben radicati i piedi per terra. La leadership si esercita attraverso l’esempio. Questo è un principio fondamentale per noi in Kometa, ereditato da un insegnamento di mio padre: “Le parole volano, è l’esempio che trascina!”. E l’esempio deve essere, innanzitutto, quello di persone integre e dedite al loro lavoro. Questo è ciò che io e tutti i miei collaboratori più stretti ci sforziamo di fare ogni giorno in Kometa, affinché i nostri collaboratori scelgano di seguirci, idealmente, per convinzione piuttosto che per costrizione.

Riguardo ai principi etici, è fondamentale costruire un futuro sostenibile, sviluppando prodotti che apportino un valore reale alla società, indipendentemente dal settore. È essenziale che ogni prodotto offerto sia valutato responsabilmente dal consumatore, inserendolo in una scala appropriata di priorità. Negli ultimi quarant’anni, il cibo è scivolato sempre più in basso nella gerarchia delle priorità di spesa per noi cittadini e consumatori, perdendo di conseguenza in qualità e facendoci dimenticare che il cibo è la fondamentale e prima medicina per la nostra salute. 

La nostra missione è produrre cibo sano e farlo in modo responsabile verso la società, iniziando con una giusta remunerazione di tutti i fattori produttivi, dal lavoro umano alle materie prime. Pagare equamente per le materie prime significa riconoscere il valore del lavoro degli allevatori e di tutti gli attori coinvolti nella filiera. Questo principio si lega strettamente all’ideale del movimento HonestFood, che abbiamo sostenuto e promosso per anni, e che ha portato alla creazione di un’associazione no-profit in Italia, la quale verrà presto estesa anche in Ungheria.

Il concetto di Honest Food emerge dalla constatazione che il modello produttivo degli ultimi quarant’anni si è eccessivamente concentrato sulla produzione di volumi elevati da offrire a prezzi sempre più bassi, puntando sull’economia di scala per bilanciare i costi. Tale approccio ha progressivamente ridotto la qualità alimentare e ha messo in difficoltà gli anelli più fragili della catena agroalimentare, soprattutto agricoltori e allevatori, i quali spesso non hanno ricevuto un giusto riconoscimento economico per i loro prodotti. 

Anche i lavoratori di questi settori sono stati colpiti, come dimostra la situazione della raccolta dei pomodori nel Sud Italia, che rappresenta un vero scandalo e un’affronto alla nostra dignità nazionale. È critico il modo in cui tali pratiche sono tollerate, non solo dai politici ma anche dalla società nel suo complesso. Critichiamo i politici, ma è essenziale anche un’autocritica. Se continuiamo a richiedere cibo a prezzi irrisori, sostenendo le catene di distribuzione che lo offrono a valori denigratori, diventiamo complici di un sistema che perpetua lo sfruttamento.

Honest Food si impegna a realizzare tre obiettivi fondamentali: 

  1. Innanzitutto, passare dalla produzione di grandi volumi a basso costo alla creazione di prodotti di alta qualità a prezzi ragionevoli, enfatizzando la bontà e la salubrità dei prodotti.
  2. Il secondo obiettivo è garantire una giusta distribuzione del valore lungo tutta la filiera produttiva, assicurando un’equa retribuzione per il contributo di ciascuno e proteggendo in particolare gli anelli più vulnerabili, nonché le aree di produzione più svantaggiate. 

Produrre cibo in ambienti difficili come la montagna o la collina, in regioni meno abbienti, richiede maggiori sforzi rispetto alle zone fertili e abbondanti, e questo deve essere riconosciuto e valorizzato dal consumatore; per esempio, il latte prodotto in montagna dovrebbe avere un valore maggiore rispetto a quello di pianura.

  1. Il terzo obiettivo è una diretta conseguenza dei primi due: promuovere una società più sana, felice e produttiva, che si traduca in benefici per tutti, inclusa una riduzione dei costi per il sistema sanitario nazionale, creando così una condizione di benessere e responsabilità sociale a vantaggio dell’intera collettività.

Quali sono gli obiettivi principali di Kometa nel piano di sviluppo fino al 2025? 

I nostri obiettivi a breve termine comprendono la prosecuzione delle nostre attività quotidiane, l’investimento continuo per migliorare i nostri prodotti e le condizioni di lavoro del nostro personale. Tuttavia, desidero approfondire gli obiettivi a medio e lungo termine. Da due o tre anni, anche se con qualche ritardo, siamo impegnati in un significativo processo di espansione della nostra unità produttiva e di incremento dei volumi. Questo potrebbe sembrare paradossale rispetto a quanto ho precedentemente affermato, ma non lo è. È possibile aumentare la produzione, a condizione che si mantenga l’impegno verso la qualità e si garantisca un prezzo equo sul mercato. Le aziende devono crescere, ma ciò non deve tradursi necessariamente in un’adesione acritica al gigantismo economico promosso dalla globalizzazione, una visione che per lungo tempo è stata vista come una panacea ma che ora rivela i suoi limiti.

C’è la tendenza a credere che solo le grandi realtà possano sopravvivere e prosperare, mentre le piccole potrebbero non avere futuro. Spero che possiamo riconsiderare questo approccio come stiamo facendo con la globalizzazione, riconoscendo che l’economia necessita di diversità e che gli estremi sono dannosi. Le poche mega-aziende che dominano il mercato possono essere altrettanto nocive quanto le microimprese che lottano per sopravvivere.

Prendiamo l’esempio dei piccoli esercizi commerciali, costretti a operare 365 giorni all’anno. Questa condizione di quasi schiavitù non è sostenibile; dovremmo avere il coraggio di mantenere le chiusure festive e settimanali, con alcune aperture domenicali e festive, ma evitando gli eccessi. Questo equilibrio è fondamentale per evitare di inclinare la bilancia verso un’estremizzazione che non giova a nessuno.

Kometa rappresenta un’entità significativa nel contesto ungherese, ma è considerata piccola sul palcoscenico europeo. Di conseguenza, siamo motivati a definire e attuare un piano di investimento e sviluppo ambizioso per i prossimi cinque anni, che ci permetterà di più che raddoppiare le nostre capacità produttive.

Attualmente, Kometa trasforma circa 80.000 tonnellate di prodotti, generando un fatturato di 240 milioni di euro nell’ultimo anno. A confronto, i colossi del nostro settore raggiungono fatturati di svariati miliardi di euro in Europa. Non aspiriamo a diventare un gigante dell’industria; ciò nonostante, desideriamo espanderci per affermarci come attori chiave, non solo in Ungheria ma anche nel contesto europeo. Il nostro obiettivo è sviluppare una filiera che, partendo dall’Ungheria, si estenda all’Italia e si radichi nelle nostre tradizioni e nell’italianità, mirando a soddisfare i gusti alimentari dei cittadini europei.

Pianifichiamo di raddoppiare le aree produttive del nostro impianto, ponendo un forte accento sulla modernizzazione delle tecniche produttive. Integreremo automazione e robotizzazione per ridurre la fatica fisica dei nostri collaboratori. Il lavoro in Kometa è ancora impegnativo, specialmente perché si opera in ambienti a temperature controllate  per assicurare la sicurezza alimentare, e molto del lavoro è di natura fisica. Intendiamo mitigare questo aspetto, non eliminando completamente il lavoro manuale – un certo grado di attività fisica è benefico – ma promuovendo un lavoro che stimoli anche intellettualmente. 

Aspiriamo a che i nostri collaboratori siano impegnati nell’utilizzo di tecnologie avanzate, che richiedono un ingegno crescente, pur mantenendo l’importanza della manualità, non per il semplice spostamento di pesi, ma per interagire con il prodotto in operazioni dove il tocco umano è prezioso e insostituibile.

Come Kometa intende utilizzare gli investimenti pianificati per continuare a distinguersi nel mercato e a raggiungere i suoi obiettivi di crescita? 

Kometa si distingue per il suo impegno nei principi dell’HonestFood, di cui siamo fieri promotori e sostenitori. Il nostro obiettivo è incarnare questi ideali, traducendoli in azioni concrete nella nostra attività quotidiana. Oltre agli aspetti etici, aspiriamo a sviluppare una catena di produzione alimentare europea con radici nell’Europa centrale. Crediamo fermamente che l’Ungheria, insieme a Romania, alcune aree della Croazia e della Slovacchia, possa svolgere un ruolo cruciale nell’assicurare l’autosufficienza alimentare dell’Europa nei prossimi anni.

Stiamo osservando una tendenza alla riduzione dell’intensità produttiva nei paesi dell’Europa occidentale come Germania, Belgio, Olanda e Danimarca, dove movimenti ambientalisti e animalisti stanno giustamente richiamando l’attenzione su livelli di produzione e di sfruttamento degli animali eccessivamente elevati. È necessario un ridimensionamento e un riequilibrio in questo settore. Per fornire un quadro chiaro, nazioni come l’Olanda, la Danimarca e il Belgio hanno una densità di produzione nel nostro settore che raggiunge i 250-300 animali per km², mentre in Ungheria siamo a 30. La disparità è evidente e indica che nei nostri paesi c’è margine per crescere in modo sostenibile, senza raggiungere i livelli di intensità osservati altrove. È fondamentale trovare un equilibrio che consenta di ridurre quest’intensità produttiva, contribuendo a un futuro più sostenibile e rispettoso dell’ambiente e del benessere animale.

Riguardo alla questione delle dimensioni aziendali, è essenziale possedere capacità produttive che ci consentano di offrire quantità adeguate per una filiera che mira a soddisfare i bisogni dei cittadini europei. È fondamentale che questa filiera sia completa, integrando tutti i passaggi dal campo alla tavola: dalla coltivazione dei cereali per un’alimentazione animale sana e rispettosa del benessere degli animali stessi, fino alla trasformazione in prodotti finiti.

Permettemi di aggiungere un commento.

Osserviamo movimenti significativi che si oppongono non solo al consumo di carne ma anche di altri prodotti di origine animale. Questo dibattito è salutare e necessario, poiché evidenzia un’eccessiva indulgenza nel consumo di carne in certe aree del mondo, come le Americhe, dove il consumo pro capite può raggiungere i 130-140 kg all’anno, a fronte di una media europea significativamente inferiore. È opportuno cercare un equilibrio, riducendo forse il consumo dove è eccessivo, ma evitando di cadere in estremismi opposti.

Dobbiamo considerare cosa fare degli animali se rifiutiamo completamente i prodotti di origine animale. È fondamentale riflettere sugli equilibri naturali e su come gestiremmo la popolazione animale in assenza di consumo. Inoltre, è cruciale considerare come fertilizzeremmo i terreni in modo naturale per coltivare proteine vegetali, parte essenziale di una dieta equilibrata. Non abbiamo bisogno di complicazioni scientifiche per comprendere questo equilibrio: la dieta mediterranea, tramandata da generazioni, ci offre un modello di nutrizione equilibrata e sostenibile, basato sulla saggezza culinaria di mamme e nonne, che ha arricchito le nostre tavole per anni.

Come Kometa affronta le sfide legate alla competitività nel settore agro-alimentare, tutelando la qualità dei prodotti e la cura del consumatore?  

Affrontare la competitività richiede anzitutto una sua definizione precisa. Essere competitivi non equivale a minimizzare i costi di produzione. Significa piuttosto impiegare le risorse economiche in maniera efficiente e tenere conto delle specificità del contesto produttivo. Se si opera in zone svantaggiate o con modelli produttivi vincolati, l’obiettivo dovrebbe essere quello di eccellere nel proprio ambito, consapevoli che non si potrà competere su pari termini con altri contesti più favorevoli. In questi casi, è cruciale differenziare il prodotto offrendo qualità o caratteristiche uniche che giustifichino il suo valore agli occhi del consumatore. Noi siamo fortunati a operare in una delle aree più propizie d’Europa per la produzione alimentare e abbiamo la dimensione aziendale adatta per investire in automazione e robotizzazione, elementi che rafforzano la nostra competitività. Il nostro fine è offrire prodotti di alta qualità a prezzi accessibili, dove ‘accessibile’ non significa né eccessivamente basso né proibitivo.

Per quanto riguarda la sostenibilità e il pricing, un prezzo troppo ridotto non è sostenibile per il produttore, mentre uno troppo elevato esclude la maggior parte dei consumatori. Talvolta, nel settore, si proclama il desiderio di sostenibilità, ma si agisce in modo contrario, come dimostra la pratica delle promozioni aggressive nel commercio al dettaglio. Queste inducono i consumatori a migrare da un punto vendita all’altro in cerca del miglior prezzo, distorcendo la lealtà al brand e incentivando comportamenti poco sostenibili, come l’aumento dei tragitti in auto per caccia all’offerta migliore. Se un cliente desidera acquistare regolarmente un determinato prodotto, dovrebbe poterlo fare senza essere costretto a variare il punto vendita o il prodotto stesso in base alle fluttuazioni promozionali.

Quindi, parlando di sostenibilità, è essenziale che i nostri comportamenti quotidiani riflettano i principi che sosteniamo, mostrando coerenza tra le parole e le azioni nel nostro agire quotidiano.

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Irene Pepe
Irene Pepe
ITL Group | Marketing & Communications Manager Economia.hu | Editor-in-Chief

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