Confindustria Ungheria: intervista a Carlo Ferrero di Sofidel

Come azienda italiana in Ungheria, abbiamo avuto il piacere di intervistare Carlo Ferrero Country Operations Manager e Operations Director in Europa per il gruppo Sofidel, azienda nata in Italia e leader mondiale del tissue. 

Questa intervista fa parte della nostra serie di interviste ai membri di Confindustria Ungheria, redatte da Economia.hu. Vi invitiamo a leggere le precedenti interviste: al presidente di Confindustria Ungheria Roberto Massucco (Massucco Industrie SpA), ai vicepresidenti di Confindustria Ungheria: Giordano Riello (Giordano Riello International Group), e Alessandro Farina (ITL Group), e Omar Balducci (Lucart).

Potrebbe presentarsi brevemente, menzionando il suo background accademico?

Mi chiamo Carlo Ferrero, sono Country Operations Manager e Operations Director in Europa per la Sofidel. Sono qui in Ungheria dal 2016 quando Sofidel entrò dopo un take over di un’azienda già esistente. Oltre che dell’Ungheria, mi occupo anche della Romania

Arrivo da una formazione tendenzialmente più tecnica. Mi sono diplomato come perito chimico e poi ho conseguito nel tempo un master in fabbricazione e trasformazione della carta tissue e del tessuto non tessuto. Successivamente ho frequentato un corso di laurea ed ho ottenuto un master in economia aziendale.

Potrebbe presentarci l’azienda per la quale lavora e la sua attività di operations director?

Sofidel è un’azienda che ha oltre 50 anni. È nata nel 1966, fondata da due famiglie, Stefani e Lazzareschi, in Toscana e oggi come oggi presente in undici paesi europei e più o meno abbracciando tutta l’area da nord a sud, da est a ovest e in sette diversi stati degli Stati Uniti. La sede è a Porcari, in provincia di Lucca. 

Essenzialmente siamo produttori e trasformatori di carta tissue e siamo presenti con i nostri prodotti in oltre 59 paesi del mondo. Complessivamente l’azienda ha realizzato l’anno scorso un fatturato di 2800 milioni di euro e con, diciamo, una forza lavoro, quasi 6900. Nell’arco degli ultimi 13 anni il gruppo ha raddoppiato la sua capacità produttiva, sia grazie a investimenti greenfield sia grazie ad acquisizioni. 

Il mio ruolo di Operations Director in Europa si focalizza su Ungheria e Romania. In passato, quando Sofidel era presente in Turchia, anche questa regione rientrava tra le mie aree di competenza. 

Il mio ruolo è un ruolo di connessione tra la Corporate e la Region per garantire la corretta comunicazione tra i vari reparti e soprattutto portare avanti quelli che sono gli obiettivi comuni del gruppo. 

Può parlarci delle sue relazioni professionali e personali con l’Italia e l’Ungheria?

Dovendo occuparmi nello specifico di Ungheria, precisamente nella contea di Komárom-Esztergom (al confine con la Slovacchia) e di altri Paesi non ho avuto molto tempo in questi anni di sviluppare relazioni personali e private nel paese. 

Allo stesso tempo, il network inizialmente portato avanti con la Camera di Commercio italiana poi con l’Ambasciata e ultimamente anche con Confindustria Ungheria mi ha permesso di allacciare delle relazioni che vanno anche al di là del solo business.

Questo tipo di supporto (che di per sé ogni imprenditore potrebbe avere venendo in Ungheria) facilita a 360 gradi l’attività nella gestione dei diversi ruoli personali e lavorativi. 

Quindi principalmente le mie relazioni si sono sviluppate partendo da una base di attività commerciale, industriale, tecnica ma inevitabilmente poi sono entrate anche in gioco degli aspetti che sono andati al di là della pura attività professionale.

Quali sono state le sfide principali che ha affrontato nel suo percorso lavorativo e come le superate?

Chiaramente di sfide la vita ne offre ogni giorno quindi ricordiamo le principali; tutte quante formative al di là delle difficoltà che presentarono. 

  1. La prima fu la privatizzazione della Athens Paper mill per la quale io fui chiamato come consulente in un progetto di tre anni. Di fatto la Athens Paper Mill nasceva come gruppo statale: secondo i vecchi principi, col concetto di essere totalmente indipendente. Per spiegarmi meglio, non erano solo produttori di carta ma seguivano tutta la filiera della fibra: dall’accrescimento delle foreste, alla produzione della cellulosa e alla trasformazione prima in semilavorato e poi in prodotto finito. In più producevano anche i materiali d’imballaggio. Globalmente l’azienda totalizzava oltre 1800 dipendenti e si riuscì dopo tre anni a ristrutturare e scendere a 320 dipendenti, in modo da dare spinta a quello che era ed ancora oggi è il vero core business: il tissue
  2. La sfida più importante è stata limitare il più possibile i danni sociali. Si riuscì, collaborando con diverse organizzazioni locali, a vendere alcune attività ad altri settori come quello ad esempio del cartoncino piuttosto che del polietilene. Anche attraverso importanti corsi formativi, si riuscì a recuperare la forza lavoro preparandola a quelle che nel frattempo erano diventate le nuove tecnologie sia di fabbricazione che di trasformazione della carta ad uso domestico La seconda fu in Germania a Leuna in uno stabilimento allora proprietà della Kartogroup oggi Wepa Italia dove, tra il 2005 ed il 2007, fui chiamato a recuperare l’efficienza produttiva sia in cartiera sia in trasformazione. Questa operazione, attraverso un’impostazione molto diversa dal punto di vista operativo, ebbe un impatto soprattutto sul Management della società. La seconda fu in Germania a Leuna in uno stabilimento allora proprietà della Kartogroup oggi Wepa Italia dove, tra il 2005 del 2007, fui chiamato a recuperare l’efficienza produttiva sia in cantiere sia in trasformazione. Questa operazione, attraverso un’impostazione molto diversa dal punto di vista operativo, ebbe un impatto soprattutto sul Management della società. 
  3. L’ultima sfida che ricordo per dimensioni e, anche qui, difficoltà, fu quella in Romania. Appena entrato in quell’azienda, guardando al conto economico, raccomandai di uscire dal settore della carta offset, quando sia il consiglio di amministrazione che le banche credevano fosse il settore trainante. Ci volle del tempo per convincerli, ma alla fine con dati alla mano la cosa andò in porto ottimizzando l’organico della società, senza perdere i dipendenti facendoli migrare in un’altra cooperativa

Avrebbe dei consigli per i giovani e per chi intende investire in Ungheria? 

  1. Per quanto riguarda i suggerimenti ai giovani mi sento di sottolineare che chi entra nel settore oggi è sicuramente avvantaggiato, in quanto si è in grado di avere un quadro del paese ancora prima di iniziare  grazie a un Sistema Italia composto da Ambasciata, Camera di commercioConfindustria Ungheria, ICE , SACE ed Istituto di Cultura. In aggiunta a questo direi che, rivolgendosi proprio a Confindustria Ungheria, si ha la possibilità di avere identificati chiaramente e secondo gli ambiti di competenza, dei consulenti capaci, affidabili e professionali. Nel passato uno dei problemi era appunto non sapere a chi rivolgersi e magari mettersi nelle mani del primo sconosciuto con tutti i rischi che ne derivavano, perdendo tempo oltre che denaro. Oggi questo è un problema decisamente più contenuto se non addirittura superato. 
  2. L’altro suggerimento è di vivere la realtà locale. Nel momento in cui si decide di intraprendere una carriera all’estero, vivere la vita nel paese deve essere prioritario. La gestione da remoto non dà assolutamente la possibilità di avere -soprattutto in un momento di startup, in una fase iniziale o di messa appunto dell’attività- le informazioni necessarie. Soprattutto, non permette la reattività necessaria per poter portare avanti il business in modo efficace. 
  3. Il terzo suggerimento che mi permetto di dare, tenendo anche conto della difficoltà a trovare profili specifici e soprattutto le corrette qualifiche professionali, è di iniziare ad avere dei rapporti con scuole e con università. Questo lo suggerisco proprio per portare avanti delle collaborazioni rivolte sia a far conoscere la propria azienda, ma al tempo stesso anche ad investire nel futuro per poter assumere eventuali dipendenti del domani.
  4. Infine essere esigenti con sé stessi. Io dico sempre ai miei Collaboratori: quando pensate di aver fatto un buon lavoro, non siatene troppo fieri, pensate come poterlo fare meglio domani. Sicuramente tutti i lavori, tutte le attività, possono essere realizzate almeno in due modi diversi e non sempre quello scelto è il migliore.

Potrebbe parlarci di Confindustria Ungheria?

Siamo appena nati, quindi dobbiamo sicuramente ancora lubrificare gli ingranaggi. Però sicuramente, le persone che si occupano di questa attività, nata appena un anno fa, sono persone che sacrificano il loro tempo, che conoscono il paese, la maggior parte di loro anche meglio del sottoscritto. Tenendo conto che siamo per la maggior parte dirigenti e/o imprenditori siamo totalmente aperti a ricevere indicazioni, suggerimenti e quant’altro utile per la crescita dell’organizzazione. 

Come vede l’evoluzione del suo lavoro e dell’industria in cui opera per il futuro per quanto riguarda la sostenibilità?

Sicuramente c’è una notevole differenza tra Europa e Stati Uniti. Concentriamoci sul vecchio continente, l’Europa, perché ormai dall’anno scorso è sotto gli occhi di tutti la sfida derivante dalla criticità energetica.

Fortunatamente Sofidel, come si può apprezzare anche dal sito del gruppo, già a fine degli anni 2000 ha iniziato ad essere attenta alla sostenibilità a tutto tondo. Abbiamo investito molto in innovazione tecnologica ed energia proveniente da fonti rinnovabili: per dare un’idea, ricordo che in Romania, inizialmente, avevamo un consumo d’acqua che era sui 15/16 contro gli attuali 8 metri cubi per tonnellata. 

Abbiamo investito molto in termini di modifiche agli impianti e di tipologie di energia utilizzata: per dare un’idea, ricordo che in Romania, inizialmente,avevamo un consumo d’acqua che era sui 15/16 contro gli attuali 8 metri cubi per tonnellata. Come Gruppo, abbiamo collaborato con produttori di energia rinnovabile volti a permetterci un processo di riduzione delle emissioni. 

Come Gruppo, abbiamo collaborato con produttori di energia rinnovabile volti a permetterci un processo di riduzione delle emissioni, per esempio:

  • In Italia abbiamo sottoscritto un accordo decennale con RWE Renewables per l’approvvigionamento di energia eolica
  • In Svezia, con Meva Energy, per la produzione di gas rinnovabile proveniente da biomassa legnosa locale.
  • In Spagna, un altro accordo decennale per la fornitura di energia elettrica rinnovabile con Acciona Energia
  • In Grecia parliamo di energia rinnovabile in questo caso generata da fotovoltaico e di nuovo attraverso un accordo di 10 anni, sempre con RWE Renewables

Per quanto riguarda i partner di sostenibilità, il primo accordo fu con il WWF e via via nel tempo ci poniamo costantemente nuovi obiettivi volti a ridurre le nostre emissioni.  I nostri target di riduzione di emissioni di CO2 al 2030 sono stati approvati da Science Based Targets initiative (SBTi) come coerenti con le riduzioni necessarie a limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C secondo gli accordi di Parigi e prevedono una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 di scope 1, 2 e di scope 3 – relativamente alle attività di produzione di polpa di cellulosa dei propri fornitori – rispetto all’anno base 2018.

Un altro esempio è l’approvvigionamento responsabile di cellulosa: noi ormai stiamo utilizziamo fibra di cellulosa certificata garantita da terze parti indipendenti (FSC®, FSC Controlled Wood, PEFC), nel senso che le nostre fonti di approvvigionamento garantiscono la continuità del ciclo naturale rispettando i cicli di sviluppo delle varie tipologie fibrose, dalle latifoglie alle conifere. Tutto questo controllato da certificatori di terza parte, quindi non condizionati ovviamente da noi stessi, e riconosciuti a livello mondiale.La sostenibilità negli ultimi anni è diventata quasi ridondante, dai giornali alla pubblicità tutti ne parlano: un aspetto è parlarne, altro discorso è portarla avanti nel tempo. Rappresenta un grande impegno che inevitabilmente va supportato tutti i giorni sia all’interno dell’azienda che fuori. Questo è il motivo per cui vogliamo affidarci a metodologie di reporting e stiamo investendo sempre più in rating ESG (come CDP, Morning Sustainalytics, EcoVadis) che ci permettono di misurare sia i rischi legati all’ambiente, al sociale e alla governance, sia gli impatti che l’azienda genera su queste dimensioni, dimostrando in modo oggettivo, comparabile e trasparente i benefici a lungo termine che possiamo offrire alle persone.

Come bilancia il suo successo professionale con la vita privata ed il benessere personale?

Mi ritengo fortunato innanzitutto ad aver sposato la moglie che ho, che mi ha capito prima ancora di pronunciare il famoso Sì. Non eravamo ancora sposati e, sin da subito, si trattava di iniziare un’avventura in Abruzzo dove doveva nascere un greenfield  mill della Scott (successivamente acquisita dalla Kimberly Clark, per poi diventare proprietà della ICO). La distanza piuttosto che la disponibilità di tempo residuo per vedersi erano sicuramente condizionate. Nonostante ciò, ci fu l’intesa, che ancora oggi va avanti. La famiglia e i valori fondanti della vita vanno messi al primo posto. In seguito, sapersi ritagliare degli spazi personali. Io sono patito della sana attività fisica perché permette di iniziare la giornata con la mente fresca. Tutto questo abbinato ad una sana alimentazione.

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