Sul gender gap salariale e le donne manager. Intervista con la sociologa Beata Nagy

Una chiacchierata con la sociologa Beata Nagy, docente presso la facoltà di sociologia e politiche sociali della Corvinus University of Budapest e autrice di numerose ricerche sulla posizione delle donne nel mondo del lavoro in Ungheria.

Beata Nagy, oltre a essere una sociologa di grande valore, siede nel direttivo di numerose associazioni tra cui Women in Science Association NATE ed é membro della Commissione per l’avanzamento delle donne nella carriera scientifica (nominata dal presidente dell’Accademia delle scienze ungherese).

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Buonasera Prof.ssa Nagy, come descrive la situazione lavorativa delle donne, in particolare a livello manageriale e salariale, in Ungheria rispetto al panorama internazionale?

Se guardiamo ai numeri e paragoniamo per esempio Paesi come Italia e Ungheria vediamo che ci sono più donne manager in Ungheria. Inoltre se guardiamo a statistiche internazionali come quelle dell’ILO International Labour Office vediamo che nella prima categoria di professionisti la percentuale di donne è del 40%. Tuttavia esiste una sorta di segregazione nel mercato del lavoro tra uomo e donna, ci sono differenze nelle posizioni ricoperte e nelle gerarchie aziendali. Le mostro i grafici della ricerca “The Hungarian labour market 2018” che é scaricabile (in inglese o in ungherese) dal sito dell’Istituto di Scienze Economiche, Centro di ricerca per le scienze economiche e regionali.

Differenza salariale uomini e donne
Fonte: In focus: WOMEN IN THE LABOUR MARKET pagina 58

Ci sono differenze salariali di genere tra le aziende ungheresi e le multinazionali e tra il settore pubblico e privato?

Come vede anche dai grafici ci sono differenze importanti tra il settore pubblico e quello privato, principalmente le donne ai livelli di leadership più alti si trovano nel settore pubblico mentre nel settore privato i manager sono quasi esclusivamente tutti uomini. Anche nel settore pubblico, sebbene la situazione sia migliore, ci sono però gerarchie che vedono più spesso gli uomini ai livelli più alti e le donne a quelli inferiori.

Le curve mostrano lo svantaggio dei guadagni delle donne, confrontando i dipendenti
della stessa età e livello di istruzione, dati in scala logaritmica, nelle popolazioni interessate.
Fonte: Wage Surveys, 1986, 1989, 1992, 1994–2016. Pag.59

Come scrivono Beáta Nagy e Anna Sebők nel loro capitolo “FEMALE AND MALE MANAGERS” la differenza aggregata tra i salari di uomini e donne, secondo secondo i dati dell’indagine sui salari, nel 2016 é stata di 16 punti percentuali, la maggior parte dei quali deriva dalla segregazione, il minor numero di ore lavorate dalle donne a causa degli obblighi familiari e della minore esperienza lavorativa. Tuttavia, un’analisi comparativa dei salari dei manager mostra risultati più omogenei. La Figura sottostante mostra i salari dei dirigenti donne e uomini nei settori pubblico e privato.

Fonte: Source: Wage Survey, National Labour Office (NLO) p. 67
Differenza salariali di genere tra i manager per settore nel 2016. Fonte: Wage Survey, National Labour Office (NLO) P. 68

Ritiene che sia diffusa un’ostilità verso la possibilità di avere donne manager nella società?

Non direttamente ma indirettamente sì, ci sono molte prove a riguardo. 

Come Anna Lovász & Bori Simonovits e scrivono nel loro capitolo CLASSIC LABOUR MARKET DISCRIMINATION “i risultati basati su metodi diversi indicano che esiste un certo livello di discriminazione sul lavoro nei confronti delle donne in Ungheria; tuttavia, lo svantaggio causato da questo è difficile da quantificare con precisione”

Le posizioni manageriali sono molto impegnative quindi se ricopri cariche di vertice poi diviene difficile coniugare la vita di una donna (e il “dover essere una buona madre” ad esempio) e quella di una manager.

Inoltre in Ungheria ci sono idee ancora molto conservatrici a riguardo, e anche da parte dello Stato, le posizioni sono piuttosto chiare a riguardo. Ci sono politiche che danno la possibilità di stare in maternità e ricevere assegni statali consistenti, pari al 70% dello stipendio che si percepirebbe, e che durano anche fino a 3 anni. In aggiunta sono presenti sgravi fiscali per le famiglie con 3 figli. Una madre può anche scegliere di ritornare prima sul posto di lavoro e continuare a percepire l’assegno, dopo 6 mesi ad esempio, ma questo raramente accade per evitare poi una sorta di indotto senso di colpa. Anche per i padri possono essere previsti questi assegni ma raramente ne fanno uso, preferendo andare regolarmente a lavoro e affidando la cura dei figli alle madri.

Questo certifica l’idea che una donna dovrebbe pensare in primo luogo alla maternità e alla famiglia restando a casa, poi eventualmente al lavoro. Non si puó non prevedere come misure di questo tipo abbiano un impatto sulla società e sull’opinione pubblica.

Si aspetta un cambiamento di questa situazione nei prossimi anni?

I tempi stanno cambiando, non voglio fare stime a rialzo di questi trend ma si vede che le giovani generazioni di donne sono maggiormente propense ad una carriera lavorativa e manageriale. D’altra parte però permangono dei vincoli che inducono le donne a rinunciare a provare a perseguire incarichi di lavoro prestigiosi.

Va ricordato che sebbene si possa fare ancora molto per la condizione delle donne oggi viviamo nell’era del post femminismo. Attualmente esistono donne che ricoprono incarichi di primo piano, pensiamo ad esempio alla cancelliera Angela Merkel o alla presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. É sotto gli occhi di tutti, non è necessario ribadire il concetto che donne possano ricoprire incarichi ai massimi vertici ma come si diceva prima è una questione di scelte, se vogliono possono, questo in sintesi è il concetto.

Al netto di ciò però va detto che le madri difficilmente sono benvenute nei luoghi di lavoro perchè si sa che prima potrebbero avere bisogno di assentarsi e lasciare l’azienda anche per alcuni anni. Il tasso di occupazione femminile con figli piccoli è infatti solo al 26%, per gli uomini invece la situazione è molto diversa, è una sorta di svantaggio dovuto alla maternità.

Per quanto riguarda la leadership all’interno degli istituti universitari la situazione delle donne è diversa?

Guardando i dati possiamo vedere che anche qui la maggior parte delle posizioni di leadership sono rivestite da professori uomini, l’80% dei docenti sono infatti maschi e anche nel campo delle scienze sociali la situazione è analoga.

Possiamo dire che vige il concetto di “Old boys network” , fenomeno sociale secondo il quale sul posto di lavoro i maschi tendono maggiormente a relazionarsi con altri maschi e grazie a queste relazioni assegnano poi le posizioni più rilevanti a loro conoscenti e colleghi formando un network non accessibile ad altri.

Non sempre questa segregazione delle donne dalla leadership è così evidente, ad esempio se si frequenta l’ambiente universitario si vede che sia uomini che donne frequentano le lezioni, si relazionano tra loro, ma poi c’è un lato più nascosto e meno manifesto. E’ sempre un problema di cultura in merito al ruolo che tradizionalmente si vuole attribuire alla donna e che ne può limitare le opportunità di carriera.

Ho letto anche la sua ricerca a proposito della composizione di genere nelle aziende più importanti ungheresi, a proposito di questi squilibri le donne non pensano di meritare di più?

Sì assolutamente, si può e si deve fare ancora molto per migliorare questa situazione, ma come dicevo prima dipende da molti fattori.

In ambito di sensibilizzazione al tema, una delle iniziative più importanti è il programma organizzato dall’ Hungarian Business Leaders Forum chiamato  “20 by 2020“.

Questa iniziativa si propone di avere 20 donne nelle posizioni più importanti del paese entro la fine del 2020, penso sia molto importante, è un esempio di self regulation voluta dalle aziende, loro sono stati i primi poi anche altri si sono accodati.

La presidente di HBLF è Borbála Czako, è una donna molto in gamba, è anche ambasciatrice ungherese per l’Uk e global partner di Ernst & Young. Qui in Ungheria ha organizzato alcuni meeting annuali con ospiti di spicco per parlare dell’emancipazione femminile. Iniziative come queste sono estremamente importanti perchè si porta all’attenzione pubblica questo tema e se ne parla anche con uomini in posizioni di rilievo.

Un’altra iniziativa è ad esempio il Girls day che si terrà ad Aprile.

Servono persone di spicco che facciano sentire la loro voce, ad esempio Il CFO di Facebook Sheryl Sandburg e speaker ordinario del World Economic Forum di Davos. Sheryl è autrice del libro “ Facciamoci avanti” e nel 2010 è stata speaker al TED Talks con un intervento intitolato “Sul perchè le donne leader sono troppo poche”. Da diversi anni si sta impegnando in prima persona per migliorare la situazione delle donne nel mondo imprenditoriale e anche in Ungheria ha avuto un grande impatto nel cercare di far capire il bisogno di avere più donne ai vertici delle aziende e nei consigli di amministrazione.

Sarebbe importante introdurre programmi inclusivi e di educazione alla diversità sul posto di lavoro. Inoltre è necessario cambiare il contesto sociale perché anche ammettendo che delle donne arrivino a ricoprire ruoli importanti nelle multinazionali qualora poi l’opinione pubblica non sostenesse questo cambiamento vanificherebbe tutto e complicherebbe le cose.

Le ricerche della professoressa Beata Nagy sono disponibili online su Research Gate a questo link e su Academia.edu.

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Irene Pepe
Irene Pepe
ITL Group | Marketing & Communications Manager Economia.hu | Editor-in-Chief

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