La revisione della direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (2018) ha segnato uno sviluppo significativo nell’aggiornamento del quadro giuridico dell’UE sui media, invitando gli Stati membri a eliminare la discriminazione basata sul sesso nelle comunicazioni commerciali audiovisive fornite da tutti i fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione. Questo articolo ha come fonte il documento di EIGE.
Come fonte di intrattenimento, di informazione e di educazione, i media hanno un grande ruolo nella riproduzione di modelli sociali, norme e valori.
È evidente come nella televisione, nella pubblicità, nel settore del game e nell’industria cinematografica, pregiudizi e stereotipi di genere pervadono la comunicazione. L’esistenza di stereotipi di genere nei mezzi di comunicazione è la base per l’instaurazione di pregiudizi che inducono alla discriminazione e ad atti di abuso.
La crescente rilevanza dei social media e del rischio di molestia digitale a cui sono esposte tutte le donne, specialmente quelle che ricoprono dei ruoli pubblici, richiede la necessità di aprire un dibattito sostenuto dalle istituzioni regolatrici.
L’impegno e le misure attuate dall’UE riguardo uguaglianza di genere non ha mai visto come priorità il tema donne e media. Un significativo sviluppo nell’aggiornamento del quadro giuridico è stato offerto dalla Direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (2018) che chiede agli Stati membri di eliminare la discriminazione basata sul sesso nelle comunicazioni audiovisive fornite dai servizi di media sotto la loro giurisdizione.
NEL CINEMA: ruoli e pregiudizi
Gli stereotipi di genere persistono anche nell’industria cinematografica. Uno studio riportato da EIGE sui 100 migliori film di finzione annuali dal 2007 al 2017 ha rivelato un forte pregiudizio di genere tra i personaggi “parlanti”, con i personaggi maschili che superano di due a uno i personaggi femminili. Nessun progresso è stato osservato nel decennio analizzato.
Lo studio ha riportato la percentuale del genere di personaggi che appare rispettivamente nelle categorie di caregivers, comparse con abiti succinti, comparse nude o parzialmente nude, e infine comparse attraenti dal punto di vista fisico. Ciò che si evince dal report è che ognuna di queste categoria, la percentuale maggiore è relativa alle donne, percentuale che in più categorie è raddoppiata o addirittura triplicata.
Come nella pubblicità, il divario di genere differisce tra i gruppi di età ed è concentrato tra i gruppi di età più avanzata. Lo studio ha mostrato un chiaro stereotipo dei ruoli, con le donne più probabilità degli uomini di essere mostrate come genitori o caregiver, e molto più probabilità di essere mostrate in abiti sessualmente rivelatori (vedi il grafico sottostante).
SOCIAL MEDIA
L’evoluzione dei media e la possibilità di interazione offerta dalle piattaforme social, offre nuovi scenari nella definizione del paradigma donne, media e comunicazione.
Sebbene i social media aprono ampi spazi di dibattito, dall’altro fronte gli stessi social media sono degli strumenti di molestia contro le donne.
L’ECPMF, il Centro Europeo sulla libertà dei media, tramite il progetto Mapping Media Freedom, riporta numerosi casi di molestia online. Secondo i dati, le vittime di tali abusi sono per la maggioranza donne.
La regolamentazione di questi casi è problematica: in quanto solleva delle questioni legate alla libertà di espressione. Spesso molti casi non vengono riconosciuti come abusi e rimangono impuniti.
Occorre interrogarsi e trovare un equilibrio tra la libertà di espressione, il rispetto degli utenti sui social. Di frontre uno scenario simile bisogna tracciare un limite basato sul rispetto del prossimo e della comunità.
L’ascesa costante dei social media come spazi di interazione rende imprescindibile l’azione delle istituzione regolatrici per tutelare le vittime di molestia da parte dei media e azzerare i casi di abusi sul web.
D’altro canto gli utenti, hanno il dovere morale sfruttare lo spazio di interazione per denunciare questi atti e incrementare il dibattito sulla necessità di equità di genere.
Potete trovare un approfondimento sulla gender equality e le relative policies applicate in Italia e dalla Radiotelevisione Italiana (RAI) nel documento edito nel 2012 da United Nations Educational, rispettivamente a pagina 104 e a pagina 108.
Durante la IV Conferenza mondiale sulle donne che si tenne a Pechino nel 1995, l’ONU incluse i media fra i dodici settori decisivi per il miglioramento della condizione femminile. Da allora la questione assunse una dimensione transnazionale e divenne una sfida per tutti i Paesi.
Dal 1995 in Italia l’Osservatorio di Pavia ha concentrato le sue attività su questo settore e ha realizzato studi, ricerche e progetti sulle donne nei e attraverso i media, in ambito nazionale e internazionale.
A questo link del sito dell’Osservatorio é possibile trovare altri progetti interessanti che si occupano di ricerca e advocacy per promuovere le pari opportunità nello sport attraverso i media (Rio 2016. Donne sul podio), di TV locali (GLocal Media Monitoring Project 2015), della rappresentazione corretta delle persone LGBT (Diversity Media Awards).
Numerose ricerche sulle donne nell’informazione dimostrano che le donne sono raramente interpellate dai media in qualità di esperte. A spiegare e interpretare il mondo sono quasi sempre gli uomini: nell’82% dei casi secondo i risultati nazionali del Global Media Monitoring Project 2015.
Eppure le donne esperte ci sono. L’Osservatorio di Pavia e l’associazione Gi.U.Li.A Giornaliste hanno creato una banca dati online, www.100esperte.it, che inizialmente raccoglieva 100 nomi e CV di esperte nell’ambito delle Science, Technology, Engineering and Mathematics (STEM).
L’edizione 2019 é disponibile qui: https://www.osservatorio.it/wp-content/uploads/2020/07/100-ESPERTE-rassegna-stampa-selezione_2019.pdf
- Tackling the Gender Pay Gap: Not without a better work–life balance (2019)
- Gender Equality and Youth: Opportunities and risks of digitalisation (2019)
- Women and Men in ICT: A chance for better work–life balance (2018)
- Study and Work in the EU: Set apart by gender (2018)
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