Un bilancio del governo di Orbán Viktor prima delle elezioni del 2014 (parte 2)

25 Marzo 2014 – Come era l’Ungheria nel 2010? E come è stato possibile

per Orbán conquistare i 2/3 dei parlamentari? Il Paese danubiano può vantare la triste fama di essere stato tra i primi, se non proprio il primo stato a subire una profonda crisi economica, nel 2006 ben due anni prima l’inizio della crisi internazionale. Nell’autunno del 2006 il Paese fu scosso infatti da una profonda crisi politica e morale che portò a pesanti scontri di piazza brutalmente repressi dal governo di centro-sinistra. (La seconda parte dello speciale sui quattro anni del secondo governo Orbán firmato da Aron Coceancig, ricercatore italo-ungherese esperto in diverse tematiche legate all’Ungheria, ndr).

Da allora la crisi economica (aumento della disoccupazione, svalutazione del fiorino, perdita del potere d’acquisto, emigrazione, abrogazione di precedenti diritti come la tredicesima) è andata di pari passo con la crescente deligittimazione dei partiti al governo. Da stato modello, quale era negli anni Novanta, l’Ungheria si è improvvisamente svegliata come zavorra, raggiunta e superata dalle prestazioni economiche dei Paesi confinanti, considerati spesso, con arroganza, come “arretrati”. Così Budapest, che con l’ingresso nell’UE pensava di agganciare il livello di vita austriaco, si è trovata ad essere raggiunta, e forse superata, da Bratislava e Bucareşt. Alla crisi “locale” del 2006 si è poi aggiunta quella “internazionale” del 2008, che ha prodotto una spirale di fallimenti, povertà e requisizioni (il problema dei mutui in valuta straniera è stato per anni, ed in parte ancora oggi, molto sentito).

Le elezioni del 2010, tenute in un simile contesto, hanno visto il crollo dei partiti di centro-sinistra ed il trionfo del Fidesz, senza dimenticare l’exploit della destra radicale di Jobbik con il 16%.

Oggi, dopo 4 anni, la situazione del Paese è radicalmente mutata, specie per quel che concerne il contesto economico. Il paese magiaro dopo alcuni diverbi con la delegazione del FMI, costretta in seguito ad abbandonare la capitale, ha ritrovato stabilità e crescita economica. Certo, problemi come l’emigrazione, la disoccupazione (specie in alcune aree) o l’elevato debito pubblico (uno dei più alti al mondo) restano nodi centrali, ma il senso comune concorda sul fatto che il peggio sia passato. Come è stato possibile tutto questo?

L’UNGHERIA FRA EST E OVEST

Già durante il discorso d’insediamento Orbán fece chiari riferimenti al nuovo “vento dell’Est”, occasione politica e culturale che il Paese non doveva lasciarsi scappare se voleva uscire dalla crisi. Così Russia e Cina sono diventati partner importanti dell’economia ungherese, con accordi di cooperazione e finanziamenti, ma non solo, “lo stile russo”, economico e politico, ha visto crescere il suo apprezzamento a Budapest. Fidesz non ha mai avuto rapporti particolarmente amichevoli con Mosca, tanto che durante il primo governo (1998-2002) la retorica nazionalista anti-russa, insieme alle tensioni con l’ambasciatore a Budapest, crearono non poche difficoltà diplomatiche. Il “nuovo” Orbán però si è mostrato versatile, e disponibile a stringere forti rapporti con “l’ex-nemico”, l’ultimo in ordine di tempo riguarda l’investimento russo per l’ampliamento della centrale nucleare di Paks. La destra nazionale ungherese, più o meno radicale, ha trovato così nella Russia putiniana un modello di ordine, stabilità e sviluppo da contrapporre alle politiche ultra-liberiste occidentali che hanno portato si numerosi investimenti stranieri, ma hanno anche in sostanza “svenduto” il Paese alle multinazionali. Il riavvicinamento è stato facilitato da questioni geopolitiche, dalla necessità di materie prime e dall’importante mercato che questa ha rappresentato nel non tanto lontano passato, ma anche da un’intesa culturale, nazional-patriottica, che i due stili di governo posseggono.

I rapporti con l’occidente, in particolare la Germania, sono stati ricchi di contraddizioni. L’aumento della tassazione per istituti bancari e multinazionali dei servizi (in maggioranza tedeschi) hanno creato non pochi dissapori, resi evidenti dalle forti critiche lanciate dagli organi di stampa tedeschi al governo magiaro. Nonostante ciò i rapporti fra Orbán e la Merkel si sono consolidati parallelamente al rafforzamento degli investimenti industriali nel paese magiaro, storicamente al traino dell’industria tedesca. La ripresa magiara è quindi, anche in questi anni, indissolubilmente legata alle prestazioni del mercato tedesco e all’aumento della sua domanda.

Clicca qui per la prima parte dello speciale.

Clicca qui per l’intero PDF.

…continua

Aron Coceancig, ricercatore e Direttore di Ungheria News

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