A Budapest, dove mancano i lavoratori

A Budapest, come nel resto dell’Ungheria, c’è carenza di lavoratori. Vediamo quali settori soffrono di più di tale mancanza e quali potrebbero essere le conseguenze sul settore immobiliare e su quello delle costruzioni. 

Le aziende ungheresi che danno lavoro ad almeno cinque dipendenti, hanno segnalato più di 48.000 posti di lavoro vacanti nel secondo quarto del 2017, che rappresentano il 25% in più rispetto ai numeri dell’anno precedente dell’istituto centrale di statistica ungherese.


SETTORI
La carenza di forza lavoro riguarda numerosi settori dell’economia interna: amministrativo e di supporto ai servizi (3,7% di posti di lavoro disponibili), ICT (3,4%), settore manifatturiero (2,7% pari a 18.800 posti di lavoro), servizi di pernottamento e catering (2,9%), costruzioni (2,5%). Proprio su questo ultimo settore citato arrivano ulteriori notizie riguardanti il fronte lavoro. La costruzione di un progetto immobiliare da 161 appartamenti a Budapest, vicino alla stazione di Nyugati, è stata sospesa per mancanza di lavoratori e eccessivi costi di costruzione, come riportato da hvg.hu. Un numero elevato di compratori, 75 per la precisione, avevano già pagato la quota di registrazione e sono stati rimborsati dall’investitore che ha rinviato il completamento dei lavori a data da destinarsi. 


IL CASO DELLE COSTRUZIONI
La carenza di lavoratori nel settore edile potrebbe causare cessazioni o interruzioni di ulteriori progetti di costruzione, secondo quanto afferma Sándor Scheer, CEO di Market Építőipari Zrt. Si profila dunque una ulteriore challenge per gli operatori edili in Ungheria. Questo perché il mercato dei nuovi appartamenti residenziali nelle zone a grande sviluppo edilizio della capitale hanno prezzi che oscillano tra i 1.500 e i 2.100 euro per metro quadrato. L’IVA al 5% permette la loro vendita, sfruttando l’agevolazione fiscale concessa dal governo nel settore delle costruzioni che durerà fino alla fine del 2019, dopo sugli appartamenti non consegnati dovrà essere applicata l’IVA ordinaria al 27%. Quindi i grandi sviluppatori si trovano di fronte ad una grande scelta imprenditoriale: o fermare le operazioni (come nel caso sopra citato), o riuscire a costruire più velocemente ma con margini di profitto inferiori. Può essere questo un nuovo punto di analisi per imprese edili italiane in cerca di sbocco a livello internazionale?

Vittorio Cara

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