Intervista a Roberto Taraddei, Deputy Head of Mission a Budapest

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Roberto Taraddei, Capo della Cancelleria Consolare a Budapest, che terminerà il suo mandato ad agosto.

1. Com’è organizzata la Cancelleria Consolare dell’Ambasciata d’Italia a Budapest? Potrebbe gentilmente fornirci maggiori informazioni riguardo al personale impiegato e ai servizi offerti?

La Cancelleria Consolare è una struttura abbastanza piccola, snella e organizzata, composta da me come Capo della Cancelleria Consolare e tre contrattisti locali, quindi contrattualizzati non con il ministero a livello centrale, ma dall’ambasciata. Prima che uno dei contrattisti andasse al pensionamento, questi erano pari a quattro. Attualmente abbiamo avviato e ultimato delle procedure per l’assunzione di un’altra unità di personale che dedicheremo alla cancelleria consolare. Inoltre, è stata assunta anche un’altra persona che si dedicherà, però, ad un altro ufficio.

Purtroppo, i tempi per l’assunzione non sono brevissimi perché, pur avendo terminato le procedure per l’assunzione di due persone, rimaniamo in attesa dei vari nulla osta che devono arrivare da Roma. 

I servizi che vengono erogati sono molto vari e diversificati. Questa è una componente di grande interesse del lavoro consolare, ma sono anche una componente di difficoltà. Una cancelleria consolare, infatti, somma le competenze di tanti uffici che in Italia vengono seguiti da molte persone e da specifiche competenze professionali che qui ci troviamo ad affrontare in un contesto di non ripetitività. 

A volte capitano delle situazioni molto interessanti che richiedono un costante aggiornamento e una verifica della normativa. Mi riferisco ad esempio a delle funzioni che devo occasionalmente ricoprire come giudice tutelare. Quando si tratta di casi che interessano dei minori, quindi casi incredibilmente delicati che toccano severamente la vita delle persone, non ci si può improvvisare. In questo caso si devono rivedere le normative con l’aiuto del ministero, che ci sostiene sempre, e prendere delle decisioni su queste tematiche significative . 

Principalmente noi qui abbiamo un tipo di lavoro che nella quotidianità riguarda per lo più passaporti, documenti d’identità, documenti di viaggio d’emergenza per chi ad esempio perde il portafoglio.

Altre figure di estrema utilità sono i Consoli onorari, che operano a titolo onorifico e gratuito e hanno una circoscrizione consolare più ristretta. Per quanto riguarda noi invece, la circoscrizione consolare è costituita dall’intera Ungheria

Al momento, a livello centrale vengono discussi dei piani per ampliare le funzioni dei Consoli onorari, in modo tale da distribuire in maniera più localizzata sul territorio i nostri servizi. Questo ha maggior impatto soprattutto nei paesi con un territorio più vasto rispetto all’Ungheria, come ad esempio l’Iran, la mia sede precedente. Qualora fosse successo qualcosa in una zona più remota non potevamo infatti contare sul supporto dei consoli onorari, poiché non accettati dal governo locale. In quei casi bisognava attivarsi e risolvere il problema direttamente sul luogo.

2. Che cosa significa per lei essere un punto di riferimento per i cittadini italiani?

Non tendo a vedermi come un punto di riferimento a livello personale. Penso in realtà che i veri punti di riferimento siano la cancelleria consolare e l’ambasciata.

Come professionisti che operano all’interno dell’ambasciata, cerchiamo di organizzare al meglio i nostri servizi, per ricoprire in modo ottimale il ruolo di punto di riferimento della comunità nonostante i molti limiti esistenti. Durante il Covid infatti, è apparso in maniera evidente come possano accadere degli eventi capaci di mettere in difficoltà una struttura. Abbiamo però anche visto come sia stata in grado di riorganizzarsi e reagire agli shock esterni.

3. Quali sono state le sue prime impressioni sull’Ungheria in generale dopo l’inizio del suo mandato?

Per me rientrare in Europa dopo aver prestato servizio in Medio Oriente è stato quasi un po’ come tornare a casa. L’Italia è vicina, ma non ci sono ancora rientrato. È  bastato avvicinarsi per sentire un ambiente più europeo e familiare, nonostante per me l’esperienza vissuta in Iran sia stata meravigliosa. 

Sull’Ungheria posso solo esprimere commenti positivi, in particolare su Budapest. Proprio a causa della pandemia, sono rimasto abbastanza fermo e confinato alla realtà locale della città, che però è talmente bella che non mi permette di lamentarmi.

In generale, ho trovato anche molto positivo il rapporto con gli ungheresi, anche a livello personale, e questo aiuta molto. Nel momento in cui si lavora in un paese, non si possono instaurare relazioni solo nell’ambito del mondo diplomatico e dei propri colleghi, altrimenti si perde la capacità di vivere e di analizzare approfonditamente il paese. 

Mi sarebbe piaciuto viaggiare un po’ di più, ma la pandemia in un primo momento non me l’ha permesso. In seguito ho visitato alcune città dell’Ungheria, meno di quanto avrei voluto, manca ancora qualche mese. Mi impegnerò molto in tal senso.

4. La lingua straniera è stata per lei un ostacolo o una sfida?

Direi una sfida, da subito ho cercato di impararla. Sono contento perché sono arrivato ad un livello che mi permette di interagire in situazioni non estremamente complesse. Sicuramente mi sarebbe piaciuto impararla più approfonditamente, ma la sua complessità è stata un ostacolo. Spero comunque di avere modo di continuare lo studio perché ho una passione per le lingue. Proprio la sua  grande difficoltà, oltre ovviamente a frustarmi, mi ha dato uno stimolo, una voglia di continuare. Spero di aver modo a Roma di continuare a migliorarla.

5. Come giudica i rapporti con le istituzioni ungheresi?

È un ottimo rapporto di collaborazione che ci permette di aiutare determinate categorie di connazionali quando si trovano in difficoltà. Molto di quello che fa un’ambasciata non sarebbe possibile senza il sostegno delle autorità locali. Noi agiamo come loro interlocutori ma non abbiamo poteri nel territorio ungherese perché l’Ungheria è uno stato sovrano terzo dell’Italia. Pertanto, è di fondamentale importanza, in quanto nostro compito, intrattenere un rapporto con le nostre autorità al fine di assicurare un esito favorevole attraverso il loro prezioso contributo.

Desidero sottolineare, in merito alla polizia e alle autorità carcerarie, che quando ci sono casi di detenuti che chiedono il nostro aiuto, la polizia è sempre solerte nell’avvisarci che è stata arrestata una persona che potrebbe necessitare dell’assistenza consolare. 

Ci sono poi ulteriori procedure su cui le istituzioni ungheresi ci supportano sempre in maniera encomiabile. 

Inoltre, abbiamo contatti quasi quotidiani con gli uffici politici del ministero degli Esteri, con i quali abbiamo un ottima relazione di collaborazione. In caso di visite invece, intratteniamo un costante dialogo con il Ministero degli Interni e il Ministero della Difesa, con i quali abbiamo sempre il privilegio di ricevere feedback rapidi ed efficaci. Questo è un aspetto di grande importanza e di cui sono molto contento.

6.  Qual è la stima attuale della presenza di cittadini italiani in Ungheria?

È molto difficile stimare la presenza reale, perché alle frontiere intra Schengen non ci sono controlli. Potrei dire un numero, ma sarebbe un azzardo. Tuttavia, l’importanza risiede nel fatto che tale cifra sia in costante crescita.

Noi non abbiamo mai avuto un approccio rigido per quanto riguarda l’obbligo di iscrizione all’AIRE. Comunichiamo che è un obbligo, sottolineiamo l’utilità di iscriversi e incoraggiamo all’utilizzo degli applicativi informatici che ora permettono al cittadino di aggiornare la propria posizione online con il portale fast.it. Quest’aspetto riveste una rilevanza fondamentale, specialmente in occasione delle elezioni, poiché possono sorgere problemi legati alla consegna postale, che talvolta determinano il mancato recapito delle schede elettorali. A volte c’è chi cambia indirizzo e non ci informa e quindi la cartella elettorale arriva al vecchio indirizzo.

7. Quali strategie adotta la cancelleria consolare per incentivare l’adesione dei cittadini e delle cittadine italiane all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE)?

Ci sono delle campagne informative che di tanto in tanto lanciamo sul sito e sui social. È importante sottolineare che negli ultimi tempi tali iniziative stanno ottenendo risultati positivi. Si registra, infatti, un significativo incremento del numero di cittadini che scelgono di aderire all’AIRE. In questo momento ad esempio, abbiamo cinquemila trecentocinquantuno cittadini italiani iscritti all’AIRE.

Ricordiamo che è necessario l’aggiornamento della lakcímkártya come prova tangibile di residenza effettiva, al fine di garantire la veridicità dell’indirizzo dichiarato.

8. In che modo la pandemia ha influenzato i servizi forniti dalla cancelleria consolare ai cittadini?

Durante la pandemia ci sono state delle conseguenze molto importanti sui servizi consolari erogati. A causa dei limiti che avevamo, che ci impedivano di avere personale impiegato a tempo pieno, abbiamo dovuto ridurre la quantità dei servizi erogati. Durante il periodo di lockdown e le restrizioni legate alla pandemia, la domanda di servizi consolari è diminuita notevolmente. Tuttavia, sebbene la domanda specifica di servizi consolari abbia subito una riduzione, le necessità dei connazionali non sono diminuite, ma si sono piuttosto trasportate in avanti.

Ci siamo trovati con un carico consolare di richieste decisamente maggiore all’indomani della pandemia. Dopo la rimozione delle restrizioni, la cancelleria consolare ha affrontato in modo eccezionale l’aumento delle richieste che si è verificato e, nel corso del tempo, queste richieste si sono stabilizzate tornando ad una situazione di normalità.

Ricordo che c’è stato un periodo in cui i tempi di attesa per ottenere un passaporto erano arrivati a due o tre mesi, un periodo di attesa ragionevole se confrontato con i tempi di attesa in Italia. Tuttavia, sempre più spesso viene richiesto alle ambasciate di fornire un livello di efficienza superiore, probabilmente anche a causa di una concezione radicata nella nostra società riguardo alle aspettative e al ruolo che un’ambasciata dovrebbe svolgere.

9. C’è un aspetto che ha risentito della pandemia più di altri? 

La pandemia è stato un periodo particolarmente pesante.  

La gestione dei cittadini italiani che si trovavano qui in quel momento è stata particolarmente difficile: nei primi giorni di panico, sono arrivate numerose richieste di un rimpatrio con aerei che però non è stato semplice organizzare. 

In risposta alla situazione derivante dalla pandemia, si è attuato un processo di coordinamento tra la cancelleria consolare, il ministero competente e la compagnia aerea Alitalia. Come risultato di questo sforzo congiunto, sono stati organizzati uno e successivamente un altro volo di rimpatrio. Sono stati due voli andati bene e con un costo relativamente contenuto considerando che l’aereo partiva vuoto e ritornava pieno e che la compagnia doveva riuscire quindi a rientrare nei costi di un viaggio senza passeggeri. Per questo motivo il biglietto costava all’incirca duecento euro.

La cosa più grave che abbiamo dovuto gestire durante la pandemia sono stati i cittadini italiani rimasti bloccati in Romania e in Ucraina. Ad un certo punto, l’Ungheria ha deciso, come misura contenitiva del Covid 19, di chiudere le frontiere. Tuttavia, a causa della sospensione dei voli e delle restrizioni di viaggio in vigore sia in Romania che in Ucraina, molte persone sono rimaste bloccate in loco, senza la possibilità di attraversare le frontiere o di trovare alternative di trasporto.

10. In che modo la pandemia ha influenzato le relazioni tra i paesi?

Per questo torniamo all’importanza del contatto con le autorità locali: abbiamo sviluppato una procedura in collaborazione con il ministero degli Esteri che richiedeva un’enorme quantità di lavoro ma che ci ha permesso di acquisire quotidianamente i dati dei cittadini che necessitavano di attraversare le frontiere. Questi dati sono stati inseriti in una tabella concordata con il ministero per fornire loro le informazioni essenziali. Successivamente, la tabella è stata trasmessa quotidianamente all’ufficio competente del ministero che, attraverso contatti interni, ha emesso i lasciapassare entro un periodo di tempo generalmente compreso tra due o tre giorni.

I lasciapassare emessi consentivano ai cittadini italiani di attraversare le frontiere e di essere ammessi nel territorio desiderato. Durante questo processo, si sono verificati alcuni problemi a causa di eventuali errori di comunicazione dei dati dei cittadini, come ad esempio il nome o la targa dell’auto, (o perché i cittadini richiedevano un rilascio immediato del lasciapassare che giungeva già scaduto). Ciò ha richiesto un nuovo intervento e un lavoro di coordinamento aggiuntivo con le autorità locali. Grazie al loro aiuto abbiamo fatto rientrare decine e decine di italiani che si trovano in questa situazione oggettivamente molto difficile.

11. Come sono dunque cambiate le priorità, gli obiettivi e i successi raggiunti dalla cancelleria consolare?

La gestione degli attraversamenti durante la pandemia lo considererei un successo considerando la situazione veramente complicata. Ho avuto modo di ringraziare formalmente gli interlocutori al ministero degli Esteri poiché ci sono stati di grande aiuto.

In generale, tra le priorità del mandato in quel momento c’ erano: il superamento dei problemi e degli ostacoli legati alla pandemia e il sostegno ai cittadini italiani. 

Sicuramente anche l’aspetto legato alla digitalizzazione dei servizi è una priorità. Questo, infatti comporta una notevole facilitazione non solo agli utenti ma anche un alleggerimento per noi, potendo ridistribuire le risorse su altri aspetti. Su alcune cose, però, dipendiamo anche da Roma, come ad esempio per la diffusione dello SPID. 

Sempre sulle priorità del mandato, è importante sottolineare che io non ricopro solo la figura di capo della cancelleria consolare ma anche di vice capo missione. Questo non solo rende più interessante il mio lavoro, ma comporta anche molteplici responsabilità su tutti i fronti dell’ambasciata: dall’aspetto dell’analisi politica, alla gestione dei rapporti commerciali, alla stampa. 

Questi sono tutti gli aspetti che compongono la mia giornata lavorativa e per ognuno di questi ambiti ho avuto degli obiettivi da raggiungere e delle questioni da seguire. Di conseguenza, l’aspetto consolare, pur rivestendo un’importanza fondamentale, è un ambito che richiede il costante aiuto e supporto degli uffici competenti, senza i quali sarebbe impossibile svolgere adeguatamente le nostre funzioni…

Un’ambasciata funziona con un lavoro di squadra e non con l’attività di singoli individui.

12. Una curiosità: potrebbe gentilmente condividere qualche osservazione riguardante le tendenze attuali o i trend relativi ai matrimoni misti?

Raccogliere dati su questo punto è un po’ difficoltoso dato che occorrerebbe un lavoro certosino che consiste nell’esaminare ogni singolo fascicolo.

Sappiamo però, per la trattazione frequente di queste pratiche, che c’è una tendenziale crescita dei matrimoni tra persone di cittadinanza ungherese e italiana.

La cosa interessante è la loro composizione: prima erano più uomini italiani che sposavano donne ungheresi mentre recentemente stiamo vedendo che, pur essendo ancora questo l’aspetto dominante, crescono anche i matrimoni dove sono le donne italiane a sposare un uomo ungherese.

13. Potrebbe svelare la sua prossima destinazione? 

La destinazione in realtà è molto nota. Tra agosto e settembre avrò terminato gli otto anni del mio primo ciclo estero e quindi ritornerò a Roma per stare al ministero, minimo due anni. Dopodiché potrò, se vorrò, fare richiesta in un’altra sede per iniziare un altro ciclo di otto anni, in teoria.

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