Il Polso Economico Ungherese: Sviluppi Chiave e Prospettive al 30 Giugno 2025

Sintesi Esecutiva

Al 30 giugno 2025, l’economia ungherese presenta un quadro complesso, caratterizzato da una ripresa in atto ma anche da significative incertezze. La crescita è principalmente trainata dai consumi interni, tuttavia, le proiezioni del PIL per il 2025 mostrano notevoli divergenze tra le istituzioni internazionali, riflettendo rischi sottostanti legati in particolare agli investimenti e alla sostenibilità fiscale. L’inflazione, sebbene in calo rispetto al picco del 2023, rimane elevata e al di sopra dell’obiettivo della banca centrale, alimentata da una forte crescita salariale e dal deprezzamento del fiorino.

La Banca Nazionale Ungherese (MNB) mantiene una politica monetaria restrittiva, la cui efficacia è tuttavia mitigata da interventi governativi. La politica fiscale affronta sfide considerevoli, con gli obiettivi di deficit di bilancio a rischio a causa di recenti annunci di spesa e proiezioni ottimistiche. A livello microeconomico, il settore industriale continua a registrare aumenti dei prezzi alla produzione, soprattutto per le esportazioni di energia. Gli investimenti diretti esteri (IDE) sono messi alla prova da nuove normative governative, sebbene si osservino sviluppi positivi specifici, come l’espansione dello stabilimento BYD nel settore automobilistico.

Il rapporto evidenzia la necessità di un consolidamento fiscale sostenuto, di riforme strutturali per migliorare la produttività e la competitività, e di un ambiente politico più prevedibile per attrarre investimenti e garantire la stabilità a lungo termine.

PODCAST IN ITALIANO

I. Panorama Macroeconomico e Quadro Politico

A. Crescita Economica e Prospettive

Nel 2023, l’economia ungherese ha registrato una contrazione dello 0,9%, per poi riprendersi modestamente con una crescita del PIL dello 0,5% nel 2024.1 Questa ripresa è stata principalmente sostenuta dai consumi interni, alimentati da una robusta crescita del reddito reale.1 Tuttavia, gli investimenti e le esportazioni sono rimasti deboli, riflettendo l’incertezza persistente, il deterioramento del sentiment aziendale e la domanda fiacca da parte dei partner commerciali dell’Ungheria.1

Le proiezioni per la crescita del PIL nel 2025 mostrano una notevole divergenza tra le principali istituzioni economiche. La Banca Nazionale Ungherese (MNB) prevede un tasso di crescita dello 0,8% 2, mentre il Fondo Monetario Internazionale (FMI) stima una crescita modesta dello 0,7%, trainata dai consumi e sostenuta da dinamiche salariali favorevoli.3 Al contrario, la Commissione Europea (CE) anticipa un’accelerazione più marcata, proiettando una crescita del 1,8% nel 2025, con i consumi che rimarranno il motore principale.1 FocusEconomics, d’altra parte, ha segnalato una stagnazione dell’economia nel primo trimestre del 2025, con un PIL invariato su base annua e una contrazione dello 0,2% su base trimestrale, al di sotto delle aspettative di mercato. Prevede inoltre che la crescita del PIL nel 2025 sarà tra le più deboli nell’Europa centrale e orientale (CEE), con l’Ungheria che potrebbe registrare il terzo calo consecutivo degli investimenti fissi.4 L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) presenta un quadro misto, indicando una “forte ripresa economica” guidata dai consumi, ma anche un “deterioramento delle prospettive” e un rallentamento atteso della crescita a causa delle tensioni commerciali.5

Questa disparità nelle previsioni per il 2025 non è una semplice differenza numerica; essa riflette valutazioni profondamente diverse sullo slancio economico del paese e sulla sua capacità di resilienza. Le proiezioni più elevate della CE potrebbero basarsi su una visione più ottimistica della forza sostenuta dei consumi o di una più rapida ripresa della domanda esterna. Al contrario, le prospettive più caute di altre istituzioni derivano dalla persistente debolezza degli investimenti e dai venti contrari esterni. L’OCSE, con le sue affermazioni che talvolta sembrano contraddittorie, sottolinea ulteriormente l’alto livello di incertezza. Questo scenario di previsioni divergenti implica che gli investitori istituzionali e i decisori politici si trovano di fronte a un ambiente altamente imprevedibile, rendendo la pianificazione strategica particolarmente complessa. La fascia inferiore delle proiezioni, in particolare, suggerisce un periodo prolungato di crescita lenta, il che potrebbe esercitare una pressione maggiore sul mercato del lavoro, sulle finanze pubbliche e sulla fiducia generale delle imprese rispetto a scenari più ottimistici.

Un’ulteriore osservazione riguarda la natura della ripresa. Diverse fonti autorevoli, tra cui la CE, l’FMI e l’OCSE, identificano i consumi come il motore principale della ripresa economica ungherese.1 Tuttavia, FocusEconomics evidenzia una vulnerabilità significativa: l’Ungheria è l’unico paese della CEE che si prevede registrerà un terzo calo consecutivo degli investimenti fissi nel 2025, attribuendolo a controlli fiscali rigorosi, bassa fiducia delle imprese e incertezza economica.4 Gli investimenti sono fondamentali per migliorare la produttività a lungo termine, promuovere l’innovazione e garantire un’espansione economica sostenibile. Una ripresa che dipende prevalentemente dai consumi, senza un corrispondente e robusto aumento degli investimenti, è intrinsecamente meno sostenibile. Ciò suggerisce che l’economia ungherese non sta adeguatamente costruendo o modernizzando la sua capacità produttiva per la crescita futura. Questo squilibrio potrebbe portare a strozzature strutturali, a nuove pressioni inflazionistiche nel medio termine e a una graduale erosione della competitività internazionale. La persistente mancanza di investimenti indica problemi strutturali più profondi e un ambiente aziendale difficile, forse imprevedibile, che scoraggia la formazione di capitale.

Per il medio termine (2026-2027), l’MNB prevede tassi di crescita del 2,8% nel 2026 e del 3,2% nel 2027.2 L’FMI si aspetta un’accelerazione della crescita al 2% nel 2026, trainata da una ripresa degli investimenti e da un impulso positivo dall’espansione fiscale tedesca, con una convergenza al suo potenziale a lungo termine di circa il 2,5% entro il 2030.3 La CE prevede una crescita del 3,1% nel 2026.1

Il Governatore dell’MNB, Varga, ha esplicitamente indicato le “tensioni commerciali e geopolitiche” come fattori che contribuiscono sia all’incertezza delle prospettive di crescita sia a potenziali pressioni inflazionistiche.2 Allo stesso modo, l’OCSE ha ripetutamente osservato che le “tensioni commerciali rallenteranno la crescita” e che gli “sviluppi della politica commerciale globale freneranno la ripresa della crescita del PIL”.5 Anche l’FMI cita “l’elevata incertezza interna ed esterna” come un peso sulle prospettive complessive.3 In quanto economia aperta, l’Ungheria rimane altamente suscettibile ai cambiamenti nel panorama economico globale e ai rischi geopolitici. Questa vulnerabilità esterna aggiunge un significativo strato di imprevedibilità alla sua performance economica, incidendo in particolare sulle sue industrie orientate all’esportazione e sull’afflusso di investimenti esteri. Ciò sottolinea la necessità critica di misure interne di rafforzamento della resilienza e di strategie per diversificare le relazioni commerciali e le dipendenze economiche.

Tabella: Proiezioni di Crescita del PIL Ungherese (2024-2027) per Istituzione

AnnoMNB (%)FMI (%)CE (%)Commento FocusEconomics
2024N/AN/A0.5N/A
20250.80.71.8Stagnazione Q1, tra i più deboli in CEE, 3° calo investimenti
20262.82.03.1N/A
20273.2N/AN/AN/A
2030N/A2.5 (potenziale)N/AN/A

B. Dinamiche Inflazionistiche

L’inflazione complessiva in Ungheria ha registrato un calo significativo dal 17,0% nel 2023 al 3,7% nel 2024, in gran parte dovuto alla dissipazione degli shock precedenti sui prezzi dell’energia e degli alimentari.1 Tuttavia, le pressioni inflazionistiche sono rimbalzate nel 2024, con l’inflazione HICP (Indice Armonizzato dei Prezzi al Consumo) che ha raggiunto il 5,7% a febbraio 2025. L’inflazione di fondo è rimasta notevolmente elevata al 5,9% nel 2024, anche se si è più che dimezzata rispetto all’anno precedente.1

Per il 2025, l’FMI prevede un’inflazione del 4,5% nel quarto trimestre, con una graduale decelerazione verso l’obiettivo del 3% dell’MNB entro il 2027.3 I fattori che contribuiscono a mantenere l’inflazione elevata includono una combinazione di crescente domanda interna, una forte crescita dei salari nominali e il deprezzamento della valuta.1 Il Governatore dell’MNB, Varga, ha anche sottolineato le tensioni commerciali e geopolitiche come potenziali fonti di rinnovate pressioni inflazionistiche.2

Mentre il dato principale sull’inflazione ha mostrato una forte diminuzione nel 2024, il successivo rimbalzo dell’HICP all’inizio del 2025 e la persistenza di un’inflazione di fondo ostinatamente elevata (5,9% nel 2024) sono indicatori critici che le pressioni inflazionistiche sottostanti non sono state completamente contenute. La previsione dell’FMI del 4,5% per il quarto trimestre del 2025 conferma ulteriormente che l’inflazione dovrebbe rimanere al di sopra dell’obiettivo dell’MNB per il resto dell’anno. Ciò suggerisce che la disinflazione iniziale è stata in gran parte attribuibile a effetti base favorevoli e allo scioglimento degli shock globali dal lato dell’offerta, piuttosto che a una risoluzione fondamentale dei fattori di domanda o strutturali dell’inflazione. Questa persistenza implica una continua erosione del potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto se la crescita dei salari nominali non tiene il passo con l’inflazione più elevata. Per le imprese, si traduce in continue sfide nella gestione dei costi degli input e delle strategie di prezzo. Per la banca centrale, ciò rende necessario mantenere una posizione monetaria cauta e potenzialmente restrittiva, limitando così la portata di significativi tagli dei tassi che potrebbero altrimenti sostenere la crescita economica.

La Commissione Europea identifica esplicitamente la “forte crescita dei salari nominali” come un fattore che contribuisce all’inflazione elevata.1 Questo collegamento diretto suggerisce un rischio accentuato di una spirale salari-prezzi, in cui i lavoratori richiedono salari più alti per compensare l’aumento del costo della vita, il che a sua volta alimenta ulteriori aumenti dei costi di produzione e dei prezzi al consumo. Questa dinamica è particolarmente pertinente dato che i consumi sono il motore principale dell’attuale ripresa economica. Gestire efficacemente questa dinamica salari-prezzi è fondamentale per raggiungere una stabilità dei prezzi sostenibile senza soffocare indebitamente l’attività economica. Se non controllata, potrebbe portare all’instaurarsi di aspettative inflazionistiche a lungo termine più elevate, rendendo il mandato dell’MNB di riportare l’inflazione al suo obiettivo del 3% significativamente più difficile e potenzialmente richiedendo misure di inasprimento monetario più aggressive o prolungate, che potrebbero influire negativamente sugli investimenti e sul sentiment economico generale.

C. Orientamento della Politica Monetaria

La politica monetaria della Banca Nazionale Ungherese (MNB) è stata costantemente descritta come “restrittiva” dalla Commissione Europea 1 e “appropriatamente cauta” dal FMI.3 L’MNB ha chiaramente segnalato il suo impegno a mantenere condizioni monetarie restrittive, ritenute giustificate date le circostanze economiche.3

Per quanto riguarda le prospettive sui tagli dei tassi, l’FMI valuta che, con un’inflazione media che dovrebbe rimanere al di sopra della banda di tolleranza dell’MNB per tutto il 2025, vi sia “spazio limitato per tagli dei tassi quest’anno”. Si consiglia all’MNB di mantenere un approccio flessibile e basato sui dati, data l’eccezionale incertezza nell’ambiente economico.3

In termini di misure normative e stabilità finanziaria, il 30 giugno 2025, l’MNB ha annunciato la sua decisione di mantenere il tasso del cuscinetto di capitale anticiclico (CCyB) domestico a un livello positivo neutrale dell’1% a partire dal 1° luglio 2025, e per l’anno successivo fino al 1° luglio 2026. Questa misura mira a migliorare la resilienza agli shock delle istituzioni finanziarie in un contesto economico incerto. L’MNB ritiene che ciò non ostacolerà l’ampia capacità di prestito delle banche, data la loro solida posizione patrimoniale e l’elevata redditività.6 L’FMI ha accolto con favore questa introduzione.3 Inoltre, il cuscinetto di rischio sistemico (SyRB) per le esposizioni bancarie nel settore immobiliare commerciale (CRE) è stato riattivato nel 2024.3 Tuttavia, l’FMI ha criticato la reintroduzione dei tetti volontari sul Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) per i mutui ipotecari, affermando che questa politica distorce la determinazione dei prezzi del rischio e dovrebbe essere invertita. Suggerisce inoltre che la riduzione degli incentivi fiscali legati all’edilizia abitativa contribuirebbe a contenere le future pressioni sui prezzi e a salvaguardare la stabilità finanziaria.3

Un’osservazione chiave emerge dalla dichiarazione esplicita della CE secondo cui, sebbene la politica monetaria sia stata restrittiva, “la sua trasmissione all’economia reale è stata indebolita dagli interventi governativi”.1 L’FMI approfondisce questi interventi, citando “misure regolamentari – come i tetti ai prezzi, ai tassi di interesse e ai margini, insieme a imposte straordinarie e schemi di prestito agevolato – che hanno distorto i segnali di mercato e aggiunto incertezza”.3 Ciò indica un conflitto fondamentale in cui gli sforzi della banca centrale per controllare l’inflazione sono minati dall’uso di strumenti non basati sul mercato da parte del governo. Questa mancanza di coerenza politica può portare a significative inefficienze economiche, ridurre l’efficacia complessiva della politica monetaria e potenzialmente prolungare il periodo di inflazione elevata. Crea un ambiente operativo imprevedibile per le imprese e gli investitori, scoraggiando potenzialmente sia gli investimenti nazionali che esteri, e ostacolando così la stabilità e la crescita economica a lungo termine. Gli sforzi dell’MNB per gestire i rischi sistemici attraverso i cuscinetti di capitale potrebbero essere parzialmente vanificati se queste distorsioni di mercato persistono.

La decisione dell’MNB di mantenere un CCyB dell’1% da luglio 2025, insieme alla precedente riattivazione del SyRB per le esposizioni immobiliari commerciali, indica un approccio proattivo al rafforzamento della resilienza del settore bancario contro potenziali shock. L’MNB stessa afferma che ciò “aumenterà la resilienza agli shock delle istituzioni”.6 Tuttavia, l’FMI, pur accogliendo con favore questi passi, evidenzia anche “rischi derivanti dalle crescenti esposizioni sovrane delle banche” e raccomanda di incorporare “scenari di stress appropriati per il nesso sovrano-banca” nei test di stress di vigilanza regolari.3 Ciò indica che, nonostante gli attuali cuscinetti di capitale, permangono potenziali vulnerabilità. Sebbene il settore finanziario ungherese appaia generalmente robusto con ampi cuscinetti di capitale e liquidità 1, la continua attenzione ai cuscinetti di capitale e le raccomandazioni specifiche dell’FMI suggeriscono che i rischi sistemici, in particolare quelli legati al debito sovrano e al mercato immobiliare, sono ancora sotto stretto controllo. La reintroduzione dei tetti sul TAEG per i mutui, anche se volontaria, è vista dall’FMI come una distorsione della determinazione dei prezzi del rischio, indicando un potenziale di futura instabilità finanziaria se tali interventi non sono gestiti con attenzione o non vengono invertiti. Ciò indica un delicato equilibrio tra regolamentazione prudenziale e politiche favorevoli al mercato.

D. Politica Fiscale e Finanze Pubbliche

Il deficit di bilancio ungherese si è attestato al 6,7% del PIL nel 2023.1 Nel 2024, il deficit è sceso a una stima del 4,8% del PIL, basata sui dati preliminari dei conti finanziari. Sebbene si tratti di una riduzione rispetto al 2023, questo dato è stato leggermente superiore all’obiettivo del governo del 4,5% del PIL.1

Per il 2025-2026, le proiezioni e gli obiettivi presentano significative discrepanze. La legge di bilancio 2025, adottata a dicembre 2024, fissa l’obiettivo di deficit al 3,7% del PIL per il 2025.1 Tuttavia, la baseline dello staff dell’FMI proietta un deficit più elevato, pari al 4,8% per il 2025 e al 4,6% per il 2026, affermando esplicitamente che “le politiche attualmente annunciate non sono sufficienti per raggiungere gli obiettivi di bilancio delle autorità”.3 La previsione autunnale 2024 della CE proietta il deficit complessivo a rimanere elevato al 4,6% per il 2025 e al 4,1% per il 2026, notando che “recenti annunci politici rischiano di spingere il deficit più in alto di quanto precedentemente previsto”.1

Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato al 73,6% del PIL nel 2024, a causa del grande deficit, di una rivalutazione del debito in valuta estera dovuta all’indebolimento del fiorino e dell’acquisizione dell’aeroporto di Budapest.1 Il piano fiscale-strutturale a medio termine del governo mira a una graduale riduzione del debito pubblico dal 74% del PIL nel 2024 al 68,2% entro il 2028.1 L’FMI suggerisce che il raggiungimento di un deficit inferiore al 3% entro il 2027 e la riduzione del debito pubblico al di sotto del 70% entro il 2029 richiederebbero un aggiustamento fiscale cumulativo di circa il 2% del PIL nel periodo 2025-2028.3

Le esigenze di finanziamento lordo sono state in media circa il 16% del PIL nel periodo 2023-2024 e si prevede che rimarranno elevate, intorno al 14% del PIL.1 I costi di servizio del debito sono significativi e si prevede che rimarranno i più alti nell’UE, con un tasso di interesse implicito sul debito pubblico che si avvicina al 6% nel 2025-26.1

Il piano d’azione di politica economica di 21 punti del bilancio 2025, adottato a novembre 2024, prevedeva misure di stimolo compensate da aumenti delle tasse, come maggiori prelievi sulle transazioni finanziarie, una tassa sugli extraprofitti modificata per le banche e aumenti delle accise.1 Tuttavia, recenti annunci, in particolare l’esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (PIT) per le madri con due figli, si stima ridurranno il rapporto entrate fiscali/PIL di circa l’1% entro il 2029.1 Il piano a medio termine del governo si impegna a un percorso di crescita della spesa netta ma non specifica misure politiche concrete per raggiungerlo.1

La netta divergenza tra l’ambizioso obiettivo di deficit del governo ungherese per il 2025 (3,7% del PIL) e le proiezioni significativamente più elevate dell’FMI (4,8%) e della CE (4,6%) costituisce un divario di credibilità fiscale. Questo divario è ulteriormente esacerbato dall’osservazione della CE secondo cui il piano fiscale a medio termine del governo, pur impegnandosi in un percorso di crescita della spesa, manca di misure politiche specifiche e quantificate per raggiungere i suoi obiettivi dichiarati di controllo della spesa e riduzione del debito.1 Anche il Consiglio Fiscale Ungherese rafforza queste preoccupazioni, indicando rischi derivanti da previsioni ottimistiche del PIL e degli investimenti, accoppiate a pressioni di spesa guidate da un’inflazione elevata.1 Questa assenza di una strategia fiscale chiara e credibile genera notevole incertezza per i mercati finanziari e gli investitori. Indica un potenziale di ricorrenti slittamenti fiscali, che potrebbero minare la fiducia del mercato, aumentare ulteriormente i costi di indebitamento già elevati e rendere necessarie misure di austerità più severe in futuro. Inoltre, solleva questioni fondamentali sull’impegno del governo alla disciplina fiscale e sulla sua capacità di gestire le finanze pubbliche in modo sostenibile.

La Commissione Europea sottolinea esplicitamente che i costi di servizio del debito dell’Ungheria sono previsti rimanere i più alti nell’UE, con un tasso di interesse implicito sul debito pubblico che si avvicina al 6% nel 2025-26. Allo stesso tempo, le esigenze di finanziamento lordo rimangono sostanziali, con una media del 14-16% del PIL.1 Ciò significa che una quota sproporzionatamente ampia del bilancio nazionale è destinata al solo servizio degli obblighi di debito esistenti, riducendo significativamente lo spazio fiscale disponibile per investimenti produttivi in infrastrutture, istruzione o innovazione, o per l’attuazione di misure economiche anticicliche durante le recessioni. Elevati costi di servizio del debito rappresentano un significativo impedimento strutturale alla sostenibilità fiscale a lungo termine e alla crescita economica complessiva. Essi limitano la capacità del governo di stimolare l’economia o finanziare servizi pubblici essenziali, rendendo il paese più vulnerabile alle fluttuazioni dei tassi di interesse e alle condizioni di finanziamento esterne. Ciò sottolinea l’urgente necessità di un consolidamento fiscale efficace e sostenuto per liberare risorse e ridurre il peso del debito.

Il piano d’azione di politica economica 2025 del governo tenta di bilanciare le misure di stimolo con gli aumenti delle tasse.1 Tuttavia, contemporaneamente, la nuova esenzione dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (PIT) per le madri si stima che ridurrà il rapporto entrate fiscali/PIL di circa l’1% entro il 2029.1 L’FMI, nelle sue raccomandazioni, suggerisce approcci alternativi agli assegni familiari che minimizzerebbero i costi fiscali e le distorsioni del mercato del lavoro.3 Ciò indica una chiara tensione tra specifici obiettivi di politica sociale e l’obiettivo generale della prudenza fiscale. Sebbene alcune misure fiscali possano essere progettate per sostenere specifiche demografie o settori, se non sono attentamente bilanciate con una robusta generazione di entrate o una razionalizzazione disciplinata della spesa, possono esacerbare le sfide fiscali esistenti. Le raccomandazioni dell’FMI per un regime fiscale più mirato e l’eliminazione graduale dei sussidi distorsivi evidenziano aree in cui scelte politiche strategiche potrebbero produrre impatti positivi significativi sia sulla salute fiscale che sull’efficienza generale del mercato, piuttosto che minare inavvertitamente la stabilità fiscale attraverso misure ben intenzionate ma fiscalmente costose.

Tabella: Principali Indicatori Fiscali Ungheresi (Deficit di Bilancio, Debito Pubblico) 2024-2026

AnnoDeficit di Bilancio (Obiettivo del Governo, % del PIL)Deficit di Bilancio (Proiezione FMI Baseline, % del PIL)Deficit di Bilancio (Previsione CE, % del PIL)Debito Pubblico (% del PIL)
20244.54.84.873.6
20253.74.84.6N/A
2026N/A4.64.1N/A
2028N/AN/AN/A68.2 (obiettivo governo)
2029N/AN/AN/A<70 (obiettivo FMI)

II. Approfondimenti Microeconomici e Settoriali

A. Andamento Industriale

I prezzi alla produzione industriale in Ungheria hanno registrato un aumento medio del 6,9% su base annua (YoY) a maggio 2025. Tuttavia, si è osservata una leggera moderazione su base mensile (MoM), con i prezzi che sono diminuiti dello 0,7% rispetto ad aprile.7 Le ragioni principali di questi aumenti sono state attribuite a un fiorino più debole rispetto all’euro e a costi di produzione più elevati.7

Si è notata una marcata divergenza tra i prezzi alla produzione interni ed esterni a maggio. I prezzi interni sono aumentati del 3,9% YoY, mentre i prezzi alla produzione non interni hanno registrato un salto significativamente maggiore dell’8,3% YoY.7

Analizzando la ripartizione settoriale per i prezzi interni a maggio 2025, il settore manifatturiero, che rappresenta il 62,7% della produzione industriale, ha visto un aumento dei prezzi del 3,7%. Il settore energetico, con un peso del 35,4%, ha registrato un aumento simile del 3,7%. L’industria alimentare ha mostrato un aumento superiore alla media, salendo del 7,6%.7 Per settore di utilizzo finale, i prezzi interni sono aumentati del 3,1% nella produzione di energia e beni intermedi, del 3,9% nei beni strumentali e del 6,1% nei beni di consumo.7

Per quanto riguarda i prezzi non interni a maggio 2025, i prezzi nel settore manifatturiero sono aumentati del 4,4%, mentre i prezzi nel settore energetico sono aumentati in modo sostanziale del 16,9%.7 Per il periodo gennaio-maggio 2025, i prezzi medi alla produzione interni sono stati superiori del 4,8% e i prezzi non interni sono aumentati del 9,4%, risultando in un aumento complessivo dei prezzi alla produzione industriale del 7,9% rispetto allo stesso periodo del 2024.7

L’aumento del 6,9% su base annua dei prezzi alla produzione industriale a maggio 2025 e l’aumento cumulativo del 7,9% per il periodo gennaio-maggio indicano chiaramente che significative pressioni inflazionistiche sono profondamente radicate nella catena di approvvigionamento industriale. L’esplicita attribuzione di questi aumenti a un “fiorino più debole rispetto all’euro e a costi di produzione più elevati” 7 conferma uno scenario di inflazione da costi. L’aumento particolarmente elevato dei prezzi alla produzione non interni (8,3% YoY a maggio, 9,4% per gennaio-maggio) rispetto ai prezzi interni (3,9% YoY a maggio, 4,8% per gennaio-maggio) è particolarmente significativo. Questo suggerisce che gli esportatori ungheresi stanno affrontando aumenti sostanziali nei loro costi di input, che sono in gran parte in grado di trasferire agli acquirenti internazionali. Sebbene questa strategia possa proteggere i margini di esportazione a breve termine, potrebbe alla fine influire sulla competitività delle esportazioni ungheresi se gli acquirenti internazionali cercano alternative più convenienti. Il drammatico aumento dei prezzi dell’energia non interni (16,9%) evidenzia in modo specifico la significativa sensibilità dell’Ungheria alle dinamiche del mercato energetico globale e alle fluttuazioni valutarie, che influenzano direttamente e sostanzialmente la sua struttura dei costi industriali. Questa persistente pressione sui costi a livello di produttore potrebbe alla fine tradursi in prezzi al consumo interni più elevati se i produttori spostano la loro attenzione sul mercato interno o se i costi degli input interni continuano ad aumentare.

Un dettaglio microeconomico specifico è l’aumento superiore alla media dei prezzi alla produzione interni dell’industria alimentare, che ha registrato un incremento del 7,6% a maggio 2025.7 Questo dato supera significativamente l’aumento complessivo dei prezzi industriali interni del 3,9% e persino l’aumento dei prezzi interni del settore manifatturiero del 3,7%. Questo evidenzia il settore alimentare come un contributo specifico e significativo alle pressioni inflazionistiche interne, che incidono direttamente sui bilanci delle famiglie e sui modelli di consumo. Un aumento così concentrato potrebbe indicare particolari vulnerabilità della catena di approvvigionamento nel settore alimentare, specifici aumenti dei costi degli input agricoli (ad esempio, a causa di eventi meteorologici o prezzi dell’energia) o una robusta domanda interna di prodotti alimentari. Questa osservazione granulare è cruciale per comprendere la composizione dell’inflazione complessiva e per indirizzare interventi politici specifici, se ritenuto necessario, per alleviare le pressioni sul costo della vita.

B. Andamento degli Investimenti Diretti Esteri (IDE)

Una recente “nuova mossa” (rendelet) del governo ungherese si prevede che causerà “distruzione del valore aziendale e problemi di finanziamento”.8 Questa politica dovrebbe ridurre significativamente l’attrattiva dell’Ungheria per gli investitori stranieri, poiché potrebbero essere meno disposti a sostenere i tempi e i costi necessari, data l’aumentato rischio di potenziali interventi statali. Inoltre, questo fattore potrebbe ridurre sostanzialmente la volontà dei proprietari ungheresi di vendere le loro attività.8

Gli afflussi di investimenti diretti esteri (IDE) non legati al debito in Ungheria sono ammontati a circa 5,4 miliardi di euro nel 2024, in calo rispetto agli oltre 6 miliardi di euro del 2023. Questo segna la prima diminuzione osservata nell’afflusso di capitali esteri dopo un precedente periodo di crescita continua. La nuova regolamentazione è proiettata a comportare una “drastica diminuzione” degli afflussi di IDE nei prossimi anni.8

All’interno dell’Europa, gli investitori tedeschi, olandesi e austriaci detengono le maggiori partecipazioni azionarie in Ungheria, ciascuno con oltre 10 miliardi di euro. Dall’Asia, gli investitori sudcoreani sono significativi con oltre 5 miliardi di euro in azioni, e dalle Americhe, gli investitori statunitensi rappresentano oltre 3 miliardi di euro.8 I settori dei servizi finanziari, del commercio, dell’automotive, farmaceutico e immobiliare sono identificati come quelli con il maggiore stock di IDE e sono di conseguenza i più significativamente dipendenti dal finanziamento di capitali esteri.8

La fonte ungherese (Portfolio.hu) collega esplicitamente la prevista “drastica diminuzione” degli IDE e la “distruzione del valore aziendale” a una specifica “nuova mossa” (rendelet) del governo, citando l’aumentato rischio di intervento statale.8 Questa politica è percepita come un deterrente per gli investitori stranieri, che potrebbero non essere disposti a sostenere i costi e i tempi associati a transazioni in un ambiente così incerto. La diminuzione degli afflussi di IDE non legati al debito da 6 miliardi di euro nel 2023 a 5,4 miliardi di euro nel 2024, dopo un periodo di crescita continua, è un segnale tangibile di questo deterioramento. Questo indica che le politiche governative, anche se forse mirate a obiettivi specifici, possono avere un impatto negativo involontario e diffuso sulla fiducia degli investitori e sulla percezione del rischio paese. Un ambiente normativo imprevedibile e la prospettiva di interventi statali possono scoraggiare non solo nuovi investimenti, ma anche la ritenzione di capitale esistente, portando a una riduzione complessiva dell’attrattiva dell’Ungheria come destinazione per gli IDE.

I settori dei servizi finanziari, del commercio, dell’automotive, farmaceutico e immobiliare sono identificati come i più dipendenti dal finanziamento di capitali esteri.8 Questo significa che qualsiasi riduzione significativa degli afflussi di IDE, o una diminuzione degli stock esistenti, colpirà in modo sproporzionato queste industrie chiave. Ad esempio, nel settore automobilistico, l’espansione di BYD (descritta nella sezione successiva) è un’eccezione positiva, ma il settore nel suo complesso rimane vulnerabile. Una contrazione degli IDE in questi settori potrebbe portare a una riduzione della capacità produttiva, a una minore innovazione e a una perdita di posti di lavoro, con conseguenze negative a cascata sull’economia più ampia. La dipendenza da capitali esteri rende questi settori particolarmente sensibili ai cambiamenti nel sentimento degli investitori e nelle politiche che influenzano la percezione del rischio.

C. Sviluppi Chiave dell’Industria e Locali

Nel settore automobilistico, BYD ha avviato i lavori per l’espansione del suo stabilimento di veicoli commerciali a Komárom, in Ungheria.9 Questo progetto aggiungerà 29.000 metri quadrati di strutture di produzione intelligenti, aumentando significativamente la capacità di produzione annuale di autobus e camion elettrici a oltre 1.000 unità. Questa espansione segna una nuova fase nella strategia di produzione locale di BYD in Europa e si prevede che creerà diverse centinaia di posti di lavoro di alta qualità, iniettando nuovo slancio economico e rafforzando il bacino di manodopera qualificata dell’Ungheria.9 La Vicepresidente esecutiva di BYD, Stella Li, ha sottolineato che l’espansione non riguarda solo l’aumento della capacità produttiva, ma riflette l’impegno di BYD nell’innovazione verde attraverso la tecnologia e il suo sostegno allo sviluppo economico dell’Ungheria e alla transizione dell’Europa verso i trasporti sostenibili.9

Nel settore energetico, una società con sede in Ungheria ha firmato accordi per l’esplorazione di idrocarburi in Croazia.10 Aspect Croatia, una filiale della divisione ungherese della società statunitense Aspect Holdings, ha firmato nuovi accordi di condivisione della produzione (PSA) per tre aree di esplorazione che coprono diverse contee croate. Questi accordi, a differenza del precedente modello di concessione, garantiranno una quota significativamente maggiore per la Croazia, con la restante quota di idrocarburi divisa tra Croazia e investitore una volta recuperati i costi di investimento approvati.10

Nel settore finanziario, la Banca Nazionale Ungherese (MNB) ha confermato il 30 giugno 2025 la decisione di mantenere il tasso del cuscinetto di capitale anticiclico (CCyB) domestico all’1% a partire dal 1° luglio 2025 e fino al 1° luglio 2026. Questa decisione mira a rafforzare la resilienza agli shock delle istituzioni finanziarie in un contesto economico incerto, senza compromettere la capacità di prestito delle banche, data la loro solida posizione patrimoniale e l’elevata redditività.6 Il numero di giugno 2025 della rivista scientifica dell’MNB, “Hitelintézeti Szemle”, include studi sulla sostenibilità del capitalismo cinese, sulla frammentazione geoeconomica nei Balcani occidentali e sulle applicazioni dell’intelligenza artificiale nel settore bancario.11

Per quanto riguarda il mercato immobiliare, i prezzi delle case hanno ripreso a salire nel 2024, sostenuti da un aumento dei prestiti dopo una moderazione marcata ma breve. Tuttavia, la carenza di offerta abitativa rimane un problema.1 L’FMI ha criticato la reintroduzione dei tetti volontari sul TAEG per i mutui ipotecari, considerandola una distorsione della determinazione dei prezzi del rischio, e ha suggerito di ridimensionare gli incentivi fiscali legati all’edilizia abitativa per contenere le future pressioni sui prezzi e salvaguardare la stabilità finanziaria.3

III. Sfide, Rischi e Considerazioni Politiche

A. Venti Contrari Economici Prevalenti

L’economia ungherese si trova in una fase difficile, con una stagnazione della produzione negli ultimi tre anni e un’inflazione che rimane ben al di sopra dell’obiettivo del 3% della banca centrale.3 L’elevata incertezza interna ed esterna, comprese le tensioni commerciali e geopolitiche, dovrebbe continuare a pesare sulle prospettive economiche e potrebbe causare nuovamente pressioni inflazionistiche.2

Le misure regolamentari del governo, come i tetti ai prezzi, ai tassi di interesse e ai margini, insieme alle imposte straordinarie e ai programmi di prestito agevolato, hanno distorto i segnali di mercato e aumentato l’incertezza.3 Queste politiche, pur avendo obiettivi specifici, possono creare inefficienze economiche e un ambiente imprevedibile per gli operatori di mercato.

B. Raccomandazioni per una Crescita Sostenibile

Per garantire la sostenibilità fiscale e rafforzare la resilienza economica, sono necessari sforzi significativi. L’FMI stima che le politiche attualmente annunciate non siano sufficienti per raggiungere gli obiettivi di bilancio delle autorità.3 Un aggiustamento fiscale cumulativo di circa il 2% del PIL nel periodo 2025-2028 sarebbe necessario per portare il deficit al di sotto del 3% del PIL entro il 2027 e ridurre il rapporto debito pubblico/PIL al di sotto del 70% entro il 2029.3

Per quanto riguarda le entrate, l’FMI suggerisce che un regime fiscale più mirato con meno esenzioni aumenterebbe le entrate, migliorerebbe l’efficienza e semplificherebbe l’amministrazione. Ad esempio, invece di raddoppiare gli assegni familiari e ampliare le esenzioni dall’imposta sul reddito per le madri, si potrebbero fornire crediti d’imposta con tetto massimo per figlio a entrambi i genitori, minimizzando così i costi fiscali e le distorsioni del mercato del lavoro.3

Sul fronte della razionalizzazione della spesa, l’eliminazione graduale dei sussidi energetici al dettaglio distorsivi e la loro sostituzione con trasferimenti di denaro mirati libererebbero risorse fiscali. Una revisione degli appalti e dell’occupazione governativa potrebbe aiutare le autorità a mirare meglio a una riduzione delle spese amministrative, che sono elevate rispetto ai paesi pari. È inoltre necessaria una strategia per limitare i trasferimenti alle imprese statali (SOE) e ad altre organizzazioni pubbliche.3 Il monitoraggio e la mitigazione dei rischi fiscali potrebbero essere migliorati attraverso una valutazione completa, consolidata e regolare dei rischi delle SOE, l’imposizione di tetti alle nuove garanzie e la valutazione annuale dello stock di garanzie e del rischio della loro attivazione.3

Per rafforzare la produttività e i mercati interni, sono necessarie riforme strutturali.5 L’FMI raccomanda di limitare l’uso di prestiti agevolati da parte delle banche statali per affrontare i fallimenti del mercato, al fine di mitigare le distorsioni.3 Inoltre, la reintroduzione dei tetti volontari sul TAEG per i mutui ipotecari, sebbene più limitata nella portata, distorce la determinazione dei prezzi del rischio e dovrebbe essere invertita. La riduzione degli incentivi fiscali legati all’edilizia abitativa contribuirebbe a contenere le future pressioni sui prezzi e a salvaguardare la stabilità finanziaria.3

Conclusione

Al 30 giugno 2025, l’economia ungherese si trova in una fase di ripresa, principalmente alimentata dalla domanda interna. Tuttavia, questa ripresa è affiancata da significative incertezze e vulnerabilità strutturali. Le proiezioni di crescita divergenti tra le principali istituzioni economiche evidenziano un ambiente imprevedibile, aggravato da una persistente debolezza degli investimenti e dalla sensibilità ai venti contrari esterni, come le tensioni commerciali e geopolitiche.

L’inflazione, sebbene in calo dal suo picco, rimane un problema, con pressioni di costo persistenti nel settore industriale e un rischio di spirale salari-prezzi. La politica monetaria restrittiva dell’MNB è parzialmente ostacolata dagli interventi governativi, che distorcono i segnali di mercato e indeboliscono la trasmissione della politica.

Sul fronte fiscale, il divario tra gli obiettivi di bilancio del governo e le proiezioni indipendenti, unito agli elevati costi di servizio del debito e alla mancanza di misure concrete nel piano fiscale a medio termine, solleva preoccupazioni sulla sostenibilità. La diminuzione degli afflussi di investimenti diretti esteri, in parte attribuibile a nuove politiche governative percepite come interventiste, rappresenta un ostacolo alla crescita a lungo termine e alla modernizzazione economica.

Per garantire una crescita sostenibile e rafforzare la resilienza, l’Ungheria deve affrontare queste sfide in modo coordinato. Ciò richiede un consolidamento fiscale credibile e sostenuto, accompagnato da riforme strutturali che migliorino la produttività, la competitività e l’attrattiva per gli investimenti. Un ambiente politico più prevedibile e una maggiore coerenza tra le politiche monetarie e fiscali sarebbero fondamentali per ripristinare la fiducia del mercato e sbloccare il pieno potenziale economico del paese.

FONTI

  1. 2025 In-Depth Review Hungary – Economy and Finance, accessed June 30, 2025, https://economy-finance.ec.europa.eu/document/download/ea70dad1-da8b-410c-a683-0789e405068c_en?filename=ip312_en.pdf&prefLang=hu
  2. MNB: Cooperation Among Central Banks Key for Strengthening Global Financial Stability – Budapest Business Journal, accessed June 30, 2025, https://bbj.hu/economy/finance/mnb/mnb-cooperation-among-central-banks-key-for-strengthening-global-financial-stability/
  3. Hungary: Staff Concluding Statement of the 2025 Article IV Mission, accessed June 30, 2025, https://www.imf.org/en/News/Articles/2025/06/20/hungary-staff-concluding-statement-of-the-2025-article-iv-mission
  4. Hungary GDP Q1 2025 – FocusEconomics, accessed June 30, 2025, https://www.focus-economics.com/countries/hungary/news/gdp/hungary-national-accounts-03-06-2025-economy-stalls-in-q1-2025/
  5. OECD Economic Outlook, Volume 2025 Issue 1: Hungary, accessed June 30, 2025, https://www.oecd.org/en/publications/oecd-economic-outlook-volume-2025-issue-1_83363382-en/full-report/hungary_d1bcc9aa.html
  6. A jegybank a hazai anticiklikus tőkepuffer mértékének fenntartásáról döntött | MNB.hu, accessed June 30, 2025, https://www.mnb.hu/sajtoszoba/hirek/2025-evi-hirek/a-jegybank-a-hazai-anticiklikus-tokepuffer-mertekenek-fenntartasarol-dontott
  7. Hungary’s Industrial Producer Prices Rise 6.9% Year-on-Year in May, Slip 0.7% from April – Budapest Business Journal, accessed June 30, 2025, https://bbj.hu/business/industry/manufacturing/hungarys-industrial-producer-prices-rise-6-9-year-on-year-in-may-slip-0-7-from-april/
  8. Cégérték-rombolást és finanszírozási problémákat eredményezhet a kormány új húzása, accessed June 30, 2025, https://www.portfolio.hu/gazdasag/20250630/cegertek-rombolast-es-finanszirozasi-problemakat-eredmenyezhet-a-kormany-uj-huzasa-771413
  9. BYD breaks ground on expansion of commercial vehicle plant in Hungary – Gasgoo, accessed June 30, 2025, https://autonews.gasgoo.com/new_energy/70037957.html
  10. Hungary-based company signs agreements for hydrocarbon exploration in Croatia, accessed June 30, 2025, https://ceenergynews.com/oil-gas/hungary-based-company-signs-agreements-for-hydrocarbon-exploration-in-croatia/
  11. Megjelent a Hitelintézeti Szemle 2025. júniusi száma | MNB.hu, accessed June 30, 2025, https://www.mnb.hu/sajtoszoba/sajtokozlemenyek/2025-evi-sajtokozlemenyek/megjelent-a-hitelintezeti-szemle-2025-juniusi-szama
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