Ungheria, il Referendum senza quorum porta a modifica Costituzione

Nulla di fatto per il Referendum sulle quote indetto dal governo ungherese e che non ha raggiunto il quorum del 50%. Affluenza di un soffio sopra al 43%, oltre 200mila schede nulle: a vincere, tuttavia, pare non essere stato il silenzio e l’opposizione di chi si è astenuto. Viktor Orbán ha infatti deciso di comunicare il risultato come una vittoria, forte del “No” al 98%, e di proseguire sulla strada già intrapresa da oltre un anno in fatto di immigrazione. 

“La domanda era in verità Bruxelles o Budapest e ha vinto Budapest” ha commentato il primo ministro ieri sera. Su circa 8,3 milioni di elettori hanno votato in 3,6 milioni: in pratica è su questa parte della popolazione cui il governo va leva per le decisioni future. Viktor Orbán lo aveva preannunciato durante il pomeriggio di domenica affermando che a contare sarebbero state le proporzioni di “Sì” e di “No”, a prescindere dal quorum. D’altronde già intorno alle 15 era prevedibile che la soglia non sarebbe stata raggiunta. Nella plenaria di lunedì, il giorno dopo il Referendum, il primo ministro parla così: “Coloro che sono rimasti a casa hanno comunicato di volere che questa decisione venisse presa senza la loro partecipazione. Ed è esattamente quello che è successo. Questa decisione è stata presa senza di loro”. La divulgazione dei risultati è stata subito commentata come un’innegabile vittoria dai suoi portavoce di fronte alla stampa internazionale. “Gli ungheresi ancora una volta hanno fatto la scelta giusta” si è congratulato Orbán, al suo secondo mandato consecutivo con la maggioranza assoluta. “Questo è il primo passo di un lungo percorso” ha dichiarato il leader conservatore durante la conferenza stampa di ieri sera, appena dopo l’annuncio dei risultati (vedi la diretta sulla nostra pagina Facebook). La prossima tappa sarà mettere mano alla Costituzione, quella che nel precedente mandato Orbán ha fatto riscrivere, inserendo una clausola che dichiari incostituzionali i sistemi di quote obbligatorie. Una mossa suggerita da Jobbik già alcuni mesi fa, come alternativa ad una consultazione popolare cui il partito di estrema destra non è mai stato favorevole. Schiacciante la maggioranza dei NO tra coloro che hanno votato, o, in altre parole, hanno votato solo i sostenitori di questa scelta. Lo stesso Jobbik, adesso, invita il primo ministro a non vivere “nel mondo virtuale” costruito per lui dai suoi consiglieri. Certo la reazione sconcerta, ma del resto la politica è anche retorica e comunicazione e in quest’ottica si può forse capire la scelta di Viktor Orbán e del suo governo di non accettare la sconfitta e anzi, fare di essa un trionfo. Così alla domanda “Perché il governo ungherese non supporta una soluzione comune europea alla crisi migratoria?” la risposta resta “C’è solo un problema con la soluzione europea: va contro l’interesse dell’Ungheria”.Per il governo 3,3 milioni di elettori sono abbastanza, anzi, sono molti: nel comunicato post Referendum l’Ufficio del Primo Ministro parla di “livello di supporto senza precedenti” e di un chiaro messaggio a Bruxelles “Niente su di noi, senza di noi”. Cosa c’è da fare adesso? “Prima di tutto chiarire la posizione che gli ungheresi preferiscono tenere in caso di migrazione di massa – ha articolato Orbán nel suo discorso dopo la chiusura delle urne – Chi potrà vivere nel territorio ungherese? Spetta a Bruxelles o a Budapest decidere ciò?”. Con questo referendum “storico”, ha osservato Orbán, “gli ungheresi sono stati i primi e al momento gli unici ad essere interpellati sulla questione migranti, su cui potrebbe difendere il futuro dell’UE”.  

 

Claudia Leporatti

Redazione Economia.hu 

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