Ungheria: chiuso il quotidiano Népszabadság. Proteste a Budapest

Da sabato mattina chiunque acceda al sito di uno dei principali quotidiani ungheresi, il Népszabadság, si trova davanti una pagina bianca con un documento intitolato “Comunicato Stampa – Urgente”. La notizia i cittadini ungheresi l’hanno appresa proprio sabato, recandosi in edicola a comprare il quotidiano o sull’edizione online, la cui chiusura è tra i dettagli che rendono lo stop della pubblicazione fuori dall’ordinario. Cerchiamo di fare chiarezza su ciò che è noto di una vicenda ricca di interrogativi. 

Un destino instabile
Inanzitutto un punto fondamentale è che il Népszabadság era in bilico da tempo, almeno da quando il partito socialista MSzP ha venduto la sua partecipazione nel giornale. La storica testata è nata nel ’56 con il nome di Szabad Nép ed era l’organo di stampa del partito socialista MSzP. Dal 1989 il Népszabadság non era più un giornale di partito ed è passato di mano diverse volte fino ad arrivare a Vienna Capital Partners, gruppo austriaco proprietario di diversi giornali anche in Ungheria attraverso la controllata Mediaworks Hungary Zrt. In tutti questi anni il partito socialista aveva mantenuto una quota del 27,6% nel giornale, che ha tuttavia venduto nel 2015 in ragione delle sue stesse difficoltà economiche. Nel 2016 più volte è stato scritto di un interesse del governo a rilevare la testata. Poi, il 30 settembre, è stata annunciato che Mediaworks ha acquisito PLC, gruppo editoriale cui faceva capo anche il Népszabadság e periodici ad alta diffusione come lo sportivo Nemzeti Sport e il quotidiano economico Világgazdaság.
La nuova gestione
Il giornale, spiega il comunicato redatto da Mediaworks, “dal 2007 ha prodotto oltre 5 miliardi di fiorini di perdite. Quest’anno tale segmento dell’attività ha di nuovo generato consistenti perdite nette”. L’azienda che ha acquisito il pacchetto di giornali di cui il Népszabadság si preoccupa dei suoi profitti e vuole disfarsi o riorganizzare la parte che non rende. Possibile, ma perché colpire così i dipendenti, per altro facendo loro iscatolare oggetti, documenti e computer per il trasloco in Futo utca, dove non saranno poi fatti entrare?
Il fatto
Cambiamo infatti prospettiva e invece di quella del lettore prendiamo in considerazione quella del giornalista che sabato mattina si reca in redazione per lavorare all’edizione domenicale oppure solo per vedere i nuovi uffici in cui il Népszabadság si stava trasferendo. In programma c’era pure una piccola festa redazionale domenica, per inaugurare la sede. Il redattore, tuttavia, non viene fatto entrare, non potrà per il momento riprendere possesso degli effetti personali che teneva sulla scrivania né tantomeno del materiale presente sui server della testata e nella sua casella di posta elettronica professionale. (Se provate a inviare un’email alla redazione o al capo redattore del giornale tornerà indietro). Come verranno compensati i circa 30mila abbonati al quotidiano e per quale motivo sia stata del tutto chiusa la pagina, perdendo così un ricco archivio di notizie, sono due delle tante domande che per il momento non hanno una risposta.
I dipendenti sono stati avvisati con un’asciutta comunicazione in cui si chiede loro di avere pazienza, per il momento il giornale deve fermarsi. Sui social media la notizia si è diffusa con effetto immediato: una manifestazione organizzata in poche ore ha raccolto davanti al Parlamento almeno 2000 persone la sera di sabato. 
La reazione
I redattori del giornale hanno creato una pagina Facebook “redazionale” ma pubblica come alternativa a quella ufficiale (cui non hanno più accesso) come unico canale di comunicazione con i loro lettori. I deputati del partito socialista MSzP si sono recati alla plenaria di oggi in Parlamento con una copia del Népszabadság in mano, mentre quelli del partito DK (Coalizione Democratica) dell’ex pm Ferenc Gyurcsány sono in sciopero permanente fino a che non saranno presi provvedimenti.
La chiusura del “Népszabi” ha generato molte domande e accuse. Come già successo poche settimane fa con l’esplosione di un ordigno vicino ad Oktogon, il fatto ha generato numerose speculazioni contro Viktor Orbán. L’ultima edizione dello storico quotidiano titolava contro le spese dei politici al governo e contro vicende personali che riguardano il governatore della Banca Centrale, ex ministro di Orbán. D’altrocanto nell’Ungheria di questi anni il pluralismo dell’informazione non è mai venuto a mancare, a prescindere dalla legge sui media che nel 2010 ha fatto tuonare sul rischio di perdita della libertà di stampa. Difficile sapere quale sia la verità, ma la rapidità con cui i cittadini si sono schierati alla difesa del quotidiano e la quantità di insoddisfazioni dimostrate nei confronti del governo suggeriscono che questo sia un momento cruciale per la politica della nazione ungherese. 

Claudia Leporatti

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