Primo caso di terzo mandato consecutivo in Ungheria, Viktor Orbán conquista il Paese nonostante la virata a sinistra di Budapest. In Parlamento entrano anche DK e LMP, mentre restano fuori i giovani di Momentum. “Il nostro obiettivo non è stato raggiunto”: secondo, ma distante, il leader di Jobbik, Gábor Vona, si dimette subito dopo l’annuncio dei risultati seguito a ruota da Gyula Molnár, il numero uno dei socialisti di MSzP. “Fidesz ha vinto, ha vinto di nuovo” chiosa l’ormai ex capo dell’estrema destra.
Nella capitale ha avuto la meglio l’opposizione, in particolare la coalizione capeggiata dai socialisti (MSZP-PÁRBESZÉD), con inoltre i verdi dell’LMP a scalzare la Fidesz in una sua roccaforte, il V distretto (Centro Città). Il resto del Paese, ad ogni modo, veste “total orange”. Fidesz conquista soprattutto la campagna, che in Ungheria è quasi tutto ciò che non è Budapest.
Fidesz ribalta anche l’unica sconfitta di questa campagna elettorale, il caso Hódmezővásárhely: con il 52,09% ha vinto infatti Lázár János della Fidesz, ministro dell’ultimo governo Orbán.
La campagna elettorale dell’odio, come l’hanno definita in tanti, ha dunque premiato? Sì e no. Affissi ovunque con il logo delle informazioni ufficiali del governo (fermate dei tram, lungo le strade, in centro e fuori) cartelloni con l’intimidatorio segnale stradale di “STOP” sulla foto dei migranti in cammino sembrano aver rafforzato l’avversità di chi è contro Orbán, ma anche cementato il sostegno degli affezionati. Il populismo vince soprattutto nei villaggi, dove a contare è la preservazione dell’identità nazionale, la proprietà dei terreni, la proprietà, in generale.
“Vogliamo un’Europa forte e di successo, ma in quest’ottica dobbiamo, francamente, tenere fuori tutto ciò che ci fa male” con questa frase alla tv amica “Echo TV” Orbán vuole rassicurare tutti, non ci sarà un’altra Brexit, non qui.
Rivedi i momenti salienti dello spoglio sulla nostra pagina Facebook.
Il nostro commento a caldo
ore 20.00 di domenica 8 aprile: Affluenza vicina al record del 2002, Per molte persone votare è un atto speciale, carico di responsabilità e di coinvolgimento nella vita della nazione. Per un giorno il popolo si sente protagonista, ha la possibilità di cambiare o di mantenere una situazione: in ogni caso sa che la sua scelta è attesa, desiderata. In #Ungheria oggi i primi votanti sono stati premiati con un regalo, un “bel braccialetto rosso, bianco e verde”, con i colori della nazione, come lo descrivono sulla tv di stato. In un Paese dalla maggioranza forte, dove il primo ministro è lo stesso dal 2010, anche l’opposizione invita a votare. Votate, votate, votate: lo scrivono tutti, sui social media il voto scalza le foto dei primi fiori. Incoraggiati anche i ritardatari: chi alle 19 era ancora in fila fuori dal seggio ha potuto farlo grazie alle aperture prolungate dove necessario. Il popolo ungherese ha ascoltato l’invito ad esprimere una preferenza: a un’ora dalla chiusura dei seggi i dati sull’affluenza mostravano un 68,1%, quasi come nel 2002, quando il record fu del 70%. Che aria si respira a Budapest? Lo abbiamo chiesto a chi vede la situazione con occhi estranei, i turisti che si trovano qui per qualche giorno. “Mi sembra strano che ci sia tanto entusiasmo. Da noi – racconta ad Economia.hu M. una turista olandese – il giorno del voto non è una festa” I locali sono pieni, ci sono eventi organizzati da ogni formazione politica. Parte degli elettori fa serata alla Balna, dove si trova sia il centro stampa che la stanza dove Fidesz sta allestendo la conferenza per i risultati e l’eventuale festa a porte chiuse. All’Anker c’è il “party” dei democratici e così via. In genere al massimo le persone sono vestite meglio del solito. Alle 21 parte persino un timido fuoco d’artificio. Pro o contro Orbán, il popolo ungherese sembra avercela messa tutta.
Claudia Leporatti
Redazione Economia.hu
Foto da Kormany.hu